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lunedì 30 agosto 2010

Cibi aproteici per i nefropatici: una questione simbolo della crisi della sanità in Campania


Nell'ambito di un felice rapporto di collaborazione instauratosi tra lo SNAMI Campania e Cittadinanzattiva riceviamo e pubblichiamo un documento di Fabio Pascapè auspicando una collaborazione sempre più stretta tra le nostre due realtà.

Cibi aproteici per i nefropatici:
una questione simbolo della crisi della sanità in Campania
di Fabio Pascapè
Cittadinanzattiva Campania - Coordinatore Commissione Regionale Sanità

Una breve premessa

Ad oggi nonostante l'ordinanza del TAR Campania che ha sospeso gli effetti del decreto che poneva a carico dei nefropatici l'acquisto degli indispensabili cibi aproteici la Regione Campania non ha ancora ripristinato la erogazione a titolo gratuito dei cibi aproteici nè tantomeno ha preso alcuna posizione a riguardo.
E' utile ed opportuno riepilogare i termini di questa dolorosa vicenda iniziata a marzo 2010 che rende ancor piu' gravosa la condizione delle persone con nefropatia.

Il fatto

Con il decreto n. 17 del 24 marzo 2010 (pubblicato sul B.U.R.C. n.33 del 28 aprile 2010 a firma del “Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro del settore sanitario” è stata decretata la sospensione dell’erogazione gratuita dei prodotti dietetici per i pazienti con insufficienza renale cronica da parte delle Aziende Sanitarie Locali. A partire dal 28 aprile 2010, insomma, le persone con nefropatia devono farsi carico direttamente dei costi della dieta aproteica.

Qualche numero

I nefropatici in Campania sono 8.000. Lo stanziamento della Regione Campania per fornire agli aventi diritto i cibi aproteici a titolo gratuito ammontava a € 4.000.000,00. Alla Regione la dieta a proteica costava € 500,00 all'anno per ciascun nefropatico. La spesa mensile che deve sostenere il nefropatico si aggira tra € 150,00 ed € 200,00. Un nefropatico che va in dialisi costa circa €35.000,00 l'anno senza considerare i costi di ospedalizzazione.
In Campania il sistema di distribuzione vigente era di tipo misto: in alcune provincie gli aproteici erano distribuiti attraverso le farmacie distrettuali in altre provincie erano distiribuiti attraverso la rete delle farmacie private.

Le prese di posizione

Hanno preso posizione chiedendo la revoca del decreto tra gli altri:

1 – Cittadinanzattiva Campania;
2 – ANERC (Associazione Nefropatici Emodializzati e Trapiantati Regione Campania);
3 - FORUM NAZIONALE delle Associazioni di Nefropatici, Trapiantati d'organo e di Volontariato
4 – ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica)
5 – ANDID (Associazione Nazionale Dietisti)
6 – FIR (Fondazione Italiana del Rene)
7 – SIN (Società Italiana di Nefrologia)
8 – SNAMI (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani)
9 – Federfarma Campania

Le ragioni addotte dalla Regione Campania

1 - la messa a punto e I'attuazione di provvedimenti volti a garantire I'appropriatezza dell'offerta è presupposto indispensabile per conseguire il rientro dal disavanzo e nel contempo garantire ai cittadini della Regione Campania essenziali ed adeguati livelli di assistenza;
2 - il D.P.C.M. 29 novembre 2001 "Definizione dei livelli essenziali di assistenza" non prevede l'inclusione dei prodotti dietetici per pazienti con insufficienza renale cronica tra quelli da erogare con fondi del Servizio Sanitario Nazionale;
3 - per le regioni in situazione di squilibrio economico-finanziario (come notoriamente la Campania) vige il divieto di porre a carico del bilancio regionale prestazioni non comprese tra i livelli essenziali di assistenza come quella relativa alla erogazione di cibi aproteici per le persone con nefropatia;
4 – la Regione Campania è pertanto obbligata ad intervenire per ridefinire le prestazioni che si impegna a garantire ai cittadini della Campania a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nel rispetto dei principi e nei limiti delle risorse finanziarie pubbliche di cui all'art. 1, commi 2 e 3, del D.lgs 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni escludendo i prodotti dietetici per i pazienti con insufficienza renale cronica.

Le ragioni addotte dalle Associazioni

1 – La letteratura scientifica ha ormai acclarato che una dieta aproteica ed una adeguata terapia farmacologica allontanano nel tempo lo spettro della dialisi;
2 - la qualità della vita di una persona in dialisi è incomparabilmente piu' bassa rispetto ad una persona in trattamento farmacologico che segue una dieta aproteica;
3 – per le casse regionali l'erogazione gratuita di prodotti aproteici incide per €500,00 l'anno per ciascun nefropatico a fronte di €35.000,00 che costa la terapia dialitica all'anno sempre per ciascun nefropatico (senza considerare i costi di ospedalizzazione);
4 – una persona in dialisi, che prevede un trattamento della durata di quattro ore per tre volte a settimana, oltre ad un sensibile abbassamento della qualità della vita registra una considerevole riduzione della capacità di produrre reddito. Questo significa che le comunità locali dovranno farsene carico anche sotto il profilo del sostegno sociale;
5 – la decisione assunta con il Decreto n. 17 non è frutto di una comparazione tra gli asseriti risparmi di spesa, derivanti dalla sospensione dell’erogazione degli alimenti dietetici per pazienti affetti da insufficienza renale cronica, ed i risparmi che si sono realizzati in passato erogando gratuitamente i medesimi cibi aproteici; legati all’inevitabile e conseguente aumento delle terapie dialitiche;
6 – il mancato inserimento dei cibi aproteici nei LEA e il piano di rientro non giustificano di per se' la messa a carico dei nefropatici, senza distinzione alcuna, del costo della dieta aproteica in quanto tale decisione è in aperta e palese violazione del diritto alla salute sancito dall'articolo 34 della Costituzione.

Le ragioni addotte dal TAR

1 - il decreto n. 17 revoca totalmente l’ampio beneficio in precedenza accordato senza fare alcuna distinzione tra i destinatari così come nessuna distinzione era stata fatta in sede di concessione del beneficio medesimo;
2 – manca qualunque considerazione sulla concreta possibilità dei pazienti non abbienti di far fronte alla spesa;
3 – manca qualunque considerazione sulla possibilità di adottare appropriate misure contributive rapportate alle capacità reddituali e alle condizioni di salute degli assistiti nei limiti per quanto esigui compatibili con le risorse finanziarie disponibili;
4 – manca qualunque considerazione di un possibile consequenziale aggravio della spesa per trattamenti terapeutici;
5 – i nefropatici meno abbienti sono esposti al rischio di subire un danno grave ed irreparabile da un siffatto stato di cose.

Le tappe della "storia infinita"

24 marzo 2010 – Il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro del Settore Sanitario – On.le Antonio Bassolino firma il decreto n.17 con il quale si sospende I'erogazione gratuita dei prodotti dietetici per i pazienti con insufficienza renale cronica da parite delle Aziende Sanitarie Locali a partire dalla data di notifica del decreto medesimo;
28 aprile 2010 – Il decreto n.17 del 24 marzo 2010 viene pubblicato sul B.U.R.C. n.33 del 28 aprile 2010 a partire dalla data della pubblicazione (fatta eccezione per le scorte che vengono smaltite in breve tempo) le persone affette da nefropatia sono costrette ad acquistare i cibi aproteici di tasca propria. Si moltiplicano le prese di posizione di associazioni e cittadini.
30 aprile 2010 – Cittadinanzattiva Campania e ANERC Campania chiedono l'immediata revoca del decreto prospettandone la lesività nei confronti dei nefropatici nonchè l'assoluta antieconomicità per le medesime finanze regionali.
20 maggio 2010 – In una conferenza stampa congiunta Federfarma, Cittadinanzattiva Campania e Forum Nazionale dei nefropatici denunciano pubblicamente le difficoltà patite dai nefropatici che debbono farsi carico dei costi della dieta aproteica. Viene formulato un appello a tutti gli attori della vicenda perchè contribuiscano alla sua risoluzione. I farmacisti si offrono di distribuire gratis gli alimenti aproteici che i produttori renderanno disponibili a titolo gratuito.
28 giugno 2010 - un gruppo di nefropatici sostenuti da Cittadinanzattiva Campania con l'intervento ad adiuvandum dell'ANERC Campania (Associazione Nefropatici Emodializzati e Trapiantati Regione Campania) e di un ulteriore gruppo di nefropatici impugna innanzi al TAR Campania il decreto n. 17 del 24 marzo 2010 chiedendone contestualmente la sospensione cautelare.
1 luglio 2010 – alcuni produttori in risposta all'appello delle associazioni ed in collaborazione con la rete di distribuzione delle farmazie private danno inizio ad una campagna solidale per la quale in tutte le farmacie della Campani è possibile acquistare prodotti aproteici con la formula del "pago uno e prendo due" che si protrarrà sino al 31 agosto.
8 luglio 2010 – Il Senatore On.le Carlo Sarro presenta in Senato una interrogazione a risposta scritta al Ministro della Salute.
29 luglio 2010 - il TAR Campania I sezione, considerati tra l'altro la gravità ed irreparabilità del danno lamentato e l'aggravio di spesa per trattamenti terapeutici a danno delle casse regionali, decide di accogliere la domanda cautelare sospendendo il decreto n.17 del 24 marzo 2010 con il quale si poneva a carico dei nefropatici la spesa per l'acquisto degli alimenti aproteici.
20 agosto 2010 – La Regione Campania, nonostante la pronuncia del TAR ancora non prende posizione nè assume alcuna iniziativa. I nefropatici segnalano una forte e persistente situazione di disagio. Cittadinanzattiva Campania, ANERC Campanai e Forum Nazionale dei Nefropatici chiedono formalmente di conoscere quali sono i provvedimenti assunti dalla Regione Campania per ripristinare lo "status quo ante" e quindi la erogazione dei cibi aproteici a carico del S.S.R. per il tramite delle farmacie distrettuali o delle farmazie private (a seconda dei territori) a beneficio delle persone con nefropatia. Chiedono altresì l'apertura di un tavolo di concertazione con le associazioni di tutela per definire un percorso che porti alla rivisitazione della intera materia del trattamento delle nefropatie in Campania in relazione alle quali numerose sono le segnalazioni di disservizio e disagio.

Considerazioni sullo scenario futuro

Con la lettera di sollecito e di richiesta di costituzione di un tavolo tecnico che Cittadinanzattiva Campania, ANERC e Forum dei Nefropatici hanno inoltrato alla Regione Campania si apre una nuova e delicata fase del percorso di affermazione e rispristino del diritto che i nefropatici hanno ad avere un futuro con una qualità della vita il più possibile alta ed in ogni caso in piena sintonia con le garanzie costituzionali prima ancora che legislative o regolamentari.
Un percorso del genere può essere portato a termine con successo solo se tutto il Movimento Campano si mobilita e se questa mobilitazione avviene in una ottica di rete con le altre associazioni attive sul tema.
La questione dei cibi aproteici è ormai diventata una questione simbolo in quanto compendia in sé tutti i guasti che hanno portato all'attuale crisi finanziaria, di credibilità, di qualità dei servizi erogati, di efficienza e di efficacia del sistema sanitario campano.
Non tutti i tagli finanziari, ad esempio, sono effettivamente giovevoli per le finanze regionali. Mettere a carico dei nefropatici i cibi aproteici è, infatti, una dimostrazione di miopia finanziaria.
Risparmiare oggi 4.000.000,00 di euro potrebbe significare una moltiplicazione esponenziale dei trattamenti dialitici e, quindi, significherà certamente in un futuro non lontano appesantire le casse regionali ben oltre il risparmio di oggi.
Per non parlare poi della qualità della vita delle persone con nefropatia che dovrebbe essere una delle prime preoccupazioni di un buon governo ma che sembra passare in secondo piano a fronte di una visione ragionieristica esasperata che è inaccettabile quando tocca un diritto costituzionalmente garantito come quello alla salute.
Il TAR ha affermato con coraggio un principio sottolineando che il decreto n.17 revoca totalmente l’ampio beneficio in precedenza accordato senza alcuna considerazione sulla concreta possibilità dei pazienti non abbienti di far fronte alla spesa, nonché sulla possibilità di adottare appropriate misure contributive rapportate alle capacità reddituali e alle condizioni di salute degli assistiti nei limiti per quanto esigui compatibili con le risorse regionali. Il principio affermato dal TAR per la questione degli aproteici è sacrosanto: non si può improvvisamente revocare un beneficio (ampiamente concesso senza distinzione alcuna) senza valutarne l'impatto sui meno abbienti e, soprattutto, senza articolare misure di protezione dei medesimi. E' quello che sta accadendo in tutta il sistema sanitario campano. In buona sostanza il prezzo di una crescita abnorme, ad esempio, delle strutture sanitarie, ispirata a criteri non sempre facilmente rintracciabili, si finisce con il farlo pagare a delle popolazioni che se ne vedono improvvisamente private. Il tutto senza essere consultate né direttamente né per il tramite delle associazioni attive in materia sanitaria. Il tutto senza essere state adeguatamente informate sul rapporto costo-benefici della chiusura del piccolo ospedale e, soprattutto, sulle alternative modalità di fruizione del servizio che, bene o male, gli veniva erogato. Per una persona anziana la chiusura di un piccolo ospedale che poteva raggiungere magari a piedi può essere un evento drammatico se non le si prospetta che per raggiungere la struttura più vicina (magari a 20 km) sarà istituita una navetta e che l'ospedale chiuso sarà trasformato (entro un termine di tempo certo, dichiarato e tracciabile) in poliambulatorio.
Eppure le alternative alla impostazione ragionieristica non mancano. Forse però sono scomode.
Una prima alternativa è quella di mettere mano con serietà e fermezza all'efficienza e, quindi, al rapporto tra risorse impegnate e risultati raggiunti. Questo significa rompere l'atavico equivoco per il quale tagliare le risorse significa necessariamente tagliare i servizi. Nella maggior parte dei casi, come ben sa chi è libero nel pensiero e nella capacità critica, il margine di ottimizzazione delle risorse nella P.A. è ancora ben lungi dall'essere esaurito.
Certo occorre fare scelte coraggiose come ad esempio privilegiare le risorse umane interne anziché ricorrere a consulenti o a dirigenti esterni.
Come ad esempio entrare nel merito della produttività e delle performances dei dipendenti delle strutture sanitarie con sistemi di valutazione premiali e meritocratici e non meramente perequativi.
Molti sono i dipendenti della P.A. che aderiscono a Cittadinanzattiva proprio perchè nel Movimento vedono un soggetto capace di leggere ed analizzare la sanità pubblica in maniera integrata e sistemica e, soprattutto, in grado di articolare proposte di miglioramento credibili e praticabili consentendogli di recuperare motivazione. I cittadini devono essere coinvolti nella valutazione dei dipendenti pubblici in maniera diretta ed immediatamente percepibile consentendogli di esprimere il proprio gradimento in modo veloce e facile.
Come ad esempio, ancora, adottando sistemi di valutazione delle performances dirigenziali che vedano un ruolo di partecipazione attiva dei rappresentanti delle associazioni di tutela.
L'esperienza del Nucleo di Valutazione della dirigenza sanitaria della Regione Lazio al quale partecipa il nostro segretario nazionale Teresa Petrangolini è un'illuminante ed assai promettente squarcio su quello che potrebbe essere il futuro assetto dei sistemi di valutazione in Regione Campania.
Come ad esempio uscendo dal vecchio e demagogico equivoco per il quale ogni tanto qualcuno strumentalmente si accorge che i dirigenti pubblici percepiscono stipendi troppo alti. Il problema è falsamente posto in quanto non è quanto guadagna un dirigente pubblico ma è quanto produce per quello stipendio il vero problema. Gli stipendi, per i dirigenti così come per gli impiegati, non sono entità autonome ed autoreferenziate ma devono essere considerate in funzione del vantaggio che apportano alla collettività i lavoratori che li percepiscono. In questa direzione è auspicabile che sai cittadini venga offerta la possibilità di monitorare non semplicemente quanto guadagna un dirigente ma quali obiettivi gli sono stati assegnati (un primo profilo di responsabilità sociale nasce proprio nella individuazione degli obiettivi e nella corretta parametrazione allo stipendio) e quanti ne ha raggiunti.
Come ad esempio adottando una organizzazione del lavoro che consenta ad una tac di funzionare 24 ore su 24 anche la domenica o adottando una organizzazione della erogazione dei servizi ambulatoriali che si articoli equamente tra mattina e pomeriggio sei giorni su sette (idea promossa dal nostro segretario regionale nell'ambito della proposta di riorganizzazione dei distretti sanitari).
Come ad esempio costituire o potenziare i Centri Unici di Acquisto che centralizzino le procedure di acquisizione dei beni e servizi per il settore sanitario in modo da evitare che il medesimo presidio abbia costi differenti a seconda della ASL che lo acquista.
Come ad esempio considerare seriamente che il disservizio o la scarsa qualità del servizio erogato innesca meccanismi per i quali i cittadini sono costretti a mettere mano alla tasca (laddove possono permetterselo) per compensare il disservizio o per integrare il deficit qualitativo del servizio medesimo. Si innescano in breve i cosiddetti "costi occulti da disservizio", un tema assai caro a chi vi scrive che è di tremenda attualità soprattutto alla luce della crisi economica. Questo significa rivolgersi a professionisti privati a pagamento, a strutture ospedaliere private, a strutture collocate fuori del proprio territorio, etc.
Come ad esempio tagliando le macchine di servizio a favore dei ticket taxi così come sperimentato dalla Provincia di Napoli con un consistente risparmio di spesa.
Insomma il tema dei cibi aproteici per i nefropatici è uno di quei temi che compendiano in sé buona parte delle miopie e delle incongruenze che hanno portato alla rovina della sanità in Campania.
Occorre innanzitutto fare uno sforzo e ribaltare l'ottica. In altri termini occorre tagliare gli sprechi e di conseguenza economizzare sulle risorse che in tal modo si liberano e non fare il contrario che è assai più rischioso.
Occorre ancora recuperare una visione del sistema sanitario regionale come un sistema eteroreferenziato e, quindi, che si modella sulla base di una domanda di salute concreta, appropriata e circostanziata che venga espressa attraverso il dialogo costruttivo con i destinatari e con le associazioni di tutela.
Occorre rimettere al centro, infine, il cittadino sano con le sue aspettative di mantenimento del suo stato e quello malato con le sue aspettative di rispristino dello stato di salute o comunque di trattamento delle cronicità.
Una casa di vetro abitata da cittadini: questa è lo scenario futuro di successo a cui dobbiamo tendere.

27 agosto 2010

Fabio Pascapè