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TRADOTTA
DALL'INGLESE
La
superstizione su cui è fondato questo romanzo è assai diffusa nell'Oriente, e
sembra specialmente famigliare a' popoli Arabi. Nella Grecia non s'introdusse
se non dopo lo scisma della Chiesa Greca e Latina. In quest'epoca invalse la
opinione, che il cadavere di un individuo addetto al rito latino non potesse
consumarsi qualora fosse stato sepolto in un cimitero spettante alla Chiesa
Greca. Questa credenza si consolidò a grado a grado, e divenne soggetto di
molti meravigliosi racconti. Si novellò quindi che gli estinti sorgessero dalle
loro tombe, e si pascessero del sangue della gioventù più florida ed avvedente.
L'istessa superstizione alcunché svariata si spanse nell'Occidente, e
segnatamente in Polonia e ne' limitrofi paesi.
In tutte queste regioni si credea che nell'ore più tarde della notte i Vampiri
corressero a succhiare il sangue delle loro vittime, le quali diveniano
emaciate, perdevano ogni vigore ed in brevissimo spazio di tempo periano di
consunzione; mentre queste umane sanguisughe s'impinguavano a dismisura, le
loro vene inturgidivansi in guisa che il sangue sgorgava da tutte le aperture del
loro corpo, e dagli stessi pori della cute.
Nel
giornale di Londra del Marzo 1732 evvi un singolare racconto di un caso di
vampirismo generalmente creduto, che diceasi successo a Madrega. Il Comandante
in capo, ed i magistrati di quella città affermarono unanimamente che circa
cinque anni addietro un certo Heyduke, nomato Arnoldo Paolo, asserì che a
Cassovia sulle frontiere delle Servia Turca era stato tormentato da un Vampiro,
ma che avea trovato modo di liberarsi da questo infortunio mangiando un po' della
terra che avea servito di tomba al Vampiro, e stropicciandosi col di lui
sangue. Questa precauzione non valse però ad impedire ch'ei divenisse Vampiro[1], poiché 20 o 30 giorni dopo la sua morte e tumulazione molti si
querelavano d'essere stati tormentati da lui, e fu deposto che quattro persone
erano rimaste vittime de' suoi assalti. Per impedire ulteriori sventure gli abitanti consultarono
il loro Hadagnì; dissotterrarono il cadavere e lo ritrovarono (come si suppone
avvenire sempre ne' casi di vampirismo) fresco ed incorrotto, emettendo dalla
bocca, dall'orecchie e dalle narici rivi di sangue florido e puro. Ottenutasi così la prova di tale misfatto ricorsero
all'espediente usato per debellare il potere del Vampiro. Gli fu trapassato il
cuore con una spranga di ferro, e dicesi che in quell'istante, sia uscito dal
cadavere un terribile grido come se fosse stato tuttora animato. Ciò fatto gli
recisero il capo e ne abbruciarono il corpo gettandone le ceneri nella tomba. L'istesse misure si adottarono riguardo ai cadaveri
di quelli che perirono vittime del vampirismo. Quest'assurdo e ridicolo
racconto è qui citato come il più acconcio ad illustrare la
storia di questa superstizione.
In
varie parti di Grecia il Vampirismo è riguardato come un castigo inflitto dopo
morte agli uomini contaminati da orrendi misfatti, e si crede che questi enti
perversi non solo divengano Vampiri, ma siano costretti a scegliere le loro
vittime fra gli oggetti più cari del loro cuore, fra i più affini per amicizia
e per sangue. Nel Giaurro di Lord Byron avvi un'imprecazione nella quale si
allude a questo genere di vampirismo, e M. Sounthey nel suo bizzarro ma pur
leggiadro Poema, il Talaba, introduce il cadavere reso Vampiro dell'Araba
fanciulla Oneiza, la quale si rappresenta risorta dalla tomba, ad oggetto di
tormentare colui che più d'ogn'altro avea amato mentr'era viva; ma non può
supporsi che ciò le sia stato dato in pena di qualche delitto, essendo dipinta
in tutto il romanzo come un modello di candore e d'innocenza. Il credulo
Tournefort ne' suoi viaggi ci fa una lunga
narrazione di molti casi mirabili di vampirismo, de' quali pretende di essere
stato testimonio oculare, e Calmet nella sua grand'opera, su questo argomento,
oltre molti aneddoti ed istorie tendenti a chiarirne gli effetti, ha raccolto
molte dotte dissertazioni per provare che questa spaventevole credenza era
diffusa egualmente tanto fra le nazioni incivilite, che fra i popoli barbari.
Molte
notizie curiose ed interessanti si potrebbero aggiungere su questa strana ed
orribile superstizione, benché quanto si è detto oltrepassi già i limiti di una
annotazione riportata solo ad oggetto di facilitare l'intelligenza del seguente
romanzo. Crediamo però di por termine
a questa coll'avvertire che quantunque la voce Vampiro sia universalmente
accettata, v'hanno però molt'altri sinonimi che si usano nelle diverse parti
del mondo, come Vroucolocha Vardaulacha Goul
Broucolocha.
IL
VAMPIRO
Fra
i sollazzi e le avventure che si succedettero in un'invernata di Londra fu ammirato ne' crocchi più
brillanti e distinti di quella metropoli un gentiluomo riguardevole, più per le
singolarità del suo carattere che per l'altezza de' suoi natali. Ei contemplava
le gioje de' suoi simili, come se gli fosse interdetto di partecipare a verun
terrestre diletto, e allorché l'amabil sorriso delle belle sembrava fissare la
sua attenzione, un suo sguardo bastava a farlo svanire spargendo il terrore in
quegl'animi frivoli e spensierati. Coloro che provavano questa sensazione di
terrore non potevano riuscire ad indovinarne la cagione: alcuni l'attribuivano
al suo sguardo tetro e funereo, che arrestandosi immobile sulla superficie del
sembiante l'opprimeva d'un peso mortale, benché non sembrasse penetrare sino
tra le più profonde latebre del cuore. Queste singolarità lo resero celebre e
desiderato nelle più cospicue adunanze. Tutti bramavano di vederlo, e coloro
che assuefatti a violenti emozioni sentiansi oppressi dal peso della noja, si
compiacevano di ritrovare in lui un oggetto capace d'impegnare la loro
attenzione. Ad onta della tinta cadaverica delle sue sembianze che mai non
assumevano un colore più animato né dal rossore della modestia, né dalle fiamme
dell'amore, pure la sua fisonomia era bella, e molte rinomate galanti
s'argomentavano di vincere la sua indifferenza, e meritarsi almeno qualche
indizio di ciò che ch'esse chiamano sentimento. Fra le altre Lady Mercer, che dopo
il suo matrimonio era divenuta lo scopo delle censure di tutti i malevoli,
s'accinse a questa impresa, e mise in opera tutte le arti e le risorse della
civetteria per attirarsi la di lui ammirazione. Tutto fu vano. Benché i suoi
sguardi sembrassero arrestarsi sul di lei sembiante pure ella s'avvide che lo spirito di
lui non se ne occupava menomamente; perciò anche la sua sfrenata impudenza
rimase delusa ed ella si ritirò dalla prova. Comunque tutte le arti usate dalle
più sfacciate Messaline non riescissero a cattivarsi la sua attenzione, non era
però ch'ei fosse indifferente alle aurative del bel sesso, ma tale era la
riserva con cui s'addrizzava alle donne virtuose ed alle fanciulle innocenti,
che pochi s'avvidero ch'ei volgesse a queste il discorso. Nondimeno avea fama
d'essere un parlatore seducente, e sia che i suoi modi giungessero a dissipare
il terrore che ispirava il suo carattere bizzarro, sia che fosse ammirato per
l'odio che ostentava contro il vizio, ei di sovente associavasi tanto colle
donne, le di cui domestiche virtù le rendono l'onore del loro sesso, quanto con
quelle che ignominiosamente lo deturpano col loro libertinaggio. In
quell'inverno medesimo arrivò a Londra un giovane gentiluomo chiamato Aubrey.
Ei possedeva in compagnia di una sorella grandi ricchezze ereditate da' suoi
genitori, i quali perirono mentr'esso era ancora fanciullo. I suoi tutori
occupandosi più della sua fortuna che della di lui educazione lo lasciarono in
balìa di sé stesso, ed affidarono l'incarico geloso di coltivare il suo spirito
alla cura di venali istitutori, onde ei si consacrò tutto agli studj che più
allettavano ed esaltavano la sua fantasia, e trascurò affatto di giovarsi di
quelle discipline che doveano consolidare il suo intelletto. Però fu invaso da
quel romantico sentimento di onore e di candore che sempre trascina l'uomo
nelle illusioni, e riuscì sì di sovente fatale all'inesperte fanciulle. Credeva
che tutti i cuori fossero in armonia con la virtù, che il vizio fosse tollerato
dalla provvidenza solo per servire di contrasto alla scena, come appunto lo si
scorge ne' romanzi; pensava che tutte le miserie di un pastore consistessero nel dover indossare una veste
grossolana che pur lo difendeva ugualmente dall'inclemenza del verno, ed era
forse più acconcia a servire di modello al pittore in grazia delle sue pieghe
irregolari e delle svariate sue tinte; in una parola ei supponeva che nelle
finzioni de' poeti consistesse tutta la realtà della vita. Questo giovine era
amabile, ricco e sincero: per queste doti allorché fece il suo ingresso ne'
circoli rinomati molte madri gli tenean dietro, studiandosi di dipingergli coi
colori più seducenti, benché forse più menzogneri, le loro figlie predilette
che in realtà non possedevano né avvenenza, né coltura sufficiente per
meritarsi i di lui omaggi. Le figlie d'altronde si sforzavano d'interessarlo
trattandola co' modi più gentili e disinvolti, fissandolo attentissime ogni
qual volta apriva le labbra; arti tutte che gli fecero adottare le più false
idee de' suoi meriti e de' suoi talenti. Consacrando tutte le ore solitarie
alla lettura de' romanzi, allorché compariva nel mondo maravigliavasi altamente
che in veruna delle sue vicende si verificassero quelle dilettose pitture e
quelle incantevoli descrizioni con cui veniagli rappresentata la umana società
nelle opere che formavano l'oggetto de' suoi studj. Nondimeno trovando
abbastanza lusingata la sua vanità stava per congedarsi per sempre dai sogni
de' romanzieri, allorquando s'avvenne nell'uomo straordinario che noi abbiamo
descritto. Ei lo ammirò e pose ogni studio per formarsi una idea del carattere
di un essere profondamente assorto in sé stesso, che altro indizio non dava
d'avvedersi degli oggetti che lo attorniavano, se non collo sforzo che faceva
per evitarli. Cedendo al potere della sua fantasia, e compiacendosi di seguire
tutto ciò che gli offriva una immagine strana e maravigliosa trasformò
subitamente questo personaggio in un eroe da romanzo, e dedicossi ad ammirare
il figlio della sua immaginazione anziché l'oggetto reale che gli stava
dinanzi. Cercò la sua conoscenza: lo trattò con ogni riguardo: e questa
relazione venne mano mano sì crescendo che tutte le volte che s'incontravano
alla conversazione egli venia sempre distinto da Sua Signoria. Non molto dopo
Aubrey rilevò che gl'interessi di Lord Rutwen erano in grave dissesto, e dai
preparativi che si faceano al suo albergo s'accorse che stava per abbandonare
Londra, onde recarsi a viaggiare sul continente. Desideroso di acquistare
qualche nozione più manifesta del carattere singolare che finora non avea che
attizzata la sua curiosità, avvertì i suoi tutori essere giunto il tempo
opportuno per eseguire il giro d'Europa, e ne ottenne da essi l'assenso.
Immediatamente ei manifestò il suo progetto a Lord Rutwen e fu sorpreso di
udire che Sua Signoria esibivasi spontaneo d'essergli compagno nel divisato
viaggio. Lusingato da un tal indizio di stima ottenuto da un essere che
sembrava non aver nulla di comune cogli altri uomini accettò lietamente
l'offerta e in pochi giorni s'accinsero a traversare il mare.
Finora
Aubrey non aveva avuto veruna occasione d'investigare il carattere di Lord
Rutwen, e benché adesso fosse testimonio di molte sue azioni, pure non potea
trarne veruno schiarimento, poiché le opre di lui pareano sempre in contrasto
coi motivi che lo induceano ad agire. Lord Rutwen era di natura liberalissima,
e l'infingardo, il vagabondo, l'impudente accattone, otteneano da lui
generosissimi suffragj; e se uno scellerato lo venia supplicando per aver de'
soccorsi, che doveano servire non già a provvedere ai supremi bisogni, ma a
saziare le più turpi passioni, e ad immergerlo più profondamente nell'abisso
delle iniquità, questi era congedato con ricche sovvenzioni. Ma Aubrey avvertì
che il suo compagno giammai concedeva un unico soldo all'uomo virtuoso che la
sventura e l'onestà aveano ridotto all'indigenza, questi anzi venia da lui
respinto aspramente, accompagnando la ripulsa con un amaro sogghigno, che
indarno tentava celare.
Aubrey
però attribuiva questa stranezza soltanto all'ardita importunità del vizioso
sfrontato che d'ordinario prevale sopra il decoroso e verecondo contegno
dell'onesto indigente. Inoltre era stato colpito dagli effetti singolari che
seguivano sempre le elemosine di Lord Rutwen: pareva ch'ei le accompagnasse
d'una tremenda maladizione poiché coloro che riescivano a conseguirle perirono
per lo più sul patibolo, o caddero in vieppiù squallida indigenza.
A
Brusseles ed in altre città che attraversarono, Aubrey fu sorpreso della
manifesta premura, con cui il suo compagno accorreva ai ridotti, ove il vizio
si vela delle forme più splendide e più lusinghiere. Quivi ei sedeva ai
tavolieri del faraone, scommetteva di vincere, e vinceva ogni qualvolta non
avea per antagonista un barattiere conosciuto. Allora ei perdeva assai più di
quello avea guadagnato ma sempre con quel sembiante freddo ed inalterabile con
cui guardava la società che gli era d'attorno. Non andava però così la bisogna
allorché avea a fare con qualche giovine inesperto e temerario, o col padre di
una sciagurata famiglia. Allora il suo desiderio sembrava dettar leggi alla
fortuna, allora deponea quel sembiante di astrazione che gli era sì famigliare,
e i suoi sguardi scintillavano come quelli del gatto che si trastulla col topo
agonizzante.
Perciò
in ogni città gl'incauti, che concorsero a' ridotti, a cui egli era
intervenuto, veniano da lui abbandonati nello stato il più rovinoso, talvolta
maladicendo nella solitudine d'una prigione il destino che gli avea posti a
fronte d'un tale demonio. Molti padri sedeano frenetici in mezzo de' loro figli
affamati che imploravano col sembiante emaciato dall'inedia l'usato alimento,
senza che a pro di questi sciagurati fosse avanzato della loro immensa
ricchezza tanto da provvedersi un tozzo di pane. Pure Lord Rutwen non facea
tesoro de' favori della fortuna, che anzi lasciava ai barattieri che aveano
cagionata la rovina di molte famiglie, sino l'ultimo soldo ch'egli avea con
tanta gioja strappato dalla mano convulsa d'un onesto ma sciagurato giuocatore.
Aubrey però attribuiva questa crudele fatalità
all'esperienza del suo compagno, che quantunque lo rendesse atto a vincere
sicuramente i meno destri, non bastava però a difenderlo contro le male arti
de' fraudolenti giocatori. Però nutrìa un vivo desiderio d'avvertire il suo
amico di quest'infortunio, e di pregarlo perciò di astenersi dal porger
soccorsi, e dal procurarsi piaceri che portavano l'altrui eccidio senza che a
lui riescissero di nessun vantaggio. Temporeggiò nondimeno perché confidava di
giorno in giorno, che venisse spontanea qualche opportunità di parlargli
apertamente. Ma ciò non avvenne. Benché viaggiasse fra le scene più variate e
mirabili della natura Lord Rutwen era sempre lo stesso: il di lui occhio
parlava meno del suo labbro, e quantunque Aubrey avesse così vicino l'oggetto
della sua curiosità, pure non ne otteneva altro compenso che quello di sentirsi
sempre più agitato dal desiderio di rivelare un mistero, che all'esaltata sua
immaginazione cominciava ad aver l'apparenza di un soprannaturale avvenimento.
Com'essi
arrivarono a Roma non andò guari che Aubrey perdette di vista il suo amico, e
mentr'egli correa ad ammirare i monumenti più celebrati della vetusta città
lasciò a Lord Rutwen tutto l'agio di frequentare il circolo che teneasi ogni
mattina al palagio d'una Contessa Italiana. Frattanto pervennero a Aubrey
alcune lettere dall'Inghilterra ch'ei dissuggellò colla più ardente impazienza.
La prima che era scritta da sua sorella non respirava che tenerezza e
benevolenza, le altre che gli erano inviate da' suoi tutori lo sorpresero
altamente, e se prima la sua fantasia gli avea dipinto il suo compagno come
invaso da un potere maligno, queste gli fean prova quasi decisa per dovercelo
credere. Queste lettere lo esortavano ad abbandonare senza indugio il sedicente
suo amico: affermavano che il carattere di quest'uomo era orribilmente vizioso:
ch'ei possedea una forza d'irresistibile seduzione, per cui i suoi abbominevoli
costumi riuscivano sommamente pericolosi alle società, cui egli contaminava
colla sua presenza: aggiungevano essersi scoperto che il disprezzo che mostrava
per le donne diffamate non derivava dal ribrezzo che sembrava ispirargli il
loro perverso carattere, ma che soltanto per rendersi più grati i suoi
sacrificj nefandi, esigeva che le sue vittime ed i complici de' suoi delitti,
dall'apice d'una immacolata virtù, precipitassero nell'abisso più profondo
della degradazione e dell'infamia: finalmente che tutte quelle donne, ch'egli
avea cercato di approssimare col pretesto di rendere omaggio al loro onore ed
alla loro innocenza, dopo il di lui allontanamento s'erano levata la maschera,
e non aveano temuto di svelare agli sguardi del pubblico tutta la deformità de'
loro turpissimi vizj.
Aubrey
decise tosto di separarsi da un uomo, il di cui carattere non gli esibiva
svelata veruna sembianza su cui posare i suoi giudizj. Risolvette perciò
d'immaginare un pretesto plausibile per isciogliersi affatto dalla sua
compagnia, proponendosi però di seguirlo da vicino, e di esplorare tutti i suoi
più secreti andamenti. A tale scopo s'introdusse nel crocchio istesso, che
frequentava il Lord, e s'avvide tosto che industriavasi per sedurre l'innocente
figlia della Dama ch'egli assiduamente visitava. In Italia le fanciulle sono
condotte di rado ne' crocchi, perciò fu astretto di coprire col velo del
mistero il suo progetto; ma lo sguardo d'Aubrey lo proseguì in tutti i suoi
avvolgimenti, e riuscì a scuoprire che erasi concertato un segreto convegno, il
quale probabilmente dovea terminare colla rovina della sconsigliata fanciulla.
Senza por tempo di mezzo entrò nell'appartamento di Lord Rutwen chiedendogli
subitaneamente quali fossero i suoi disegni riguardo a quella fanciulla,
dichiarandogli ch'era conscio della visita misteriosa che dovea farle in quella
notte medesima. Lord Rutwen gli rispose, che le sue intenzioni non erano
diverse da quelle di qualunque altro uomo, che si trovasse in simili
circostanze, ed allorquando Aubrey domandò se disegnasse farla sua sposa non
fece che sorridere: Aubrey si ritirò, e immantinente gli addrizzò un viglietto,
con cui lo avvertiva che sino da quell'istante ei rinunziava al progetto di
seguirlo lungo il viaggio, che gli rimaneva per compiere il giro intrapreso:
ordinò al servo di cercare altro alloggio, e recatosi al palagio della
perigliante fanciulla, narrò alla madre di lei tutto ciò che avea potuto
scuoprire sul carattere di Lord Rutwen, ed in conseguenza di queste rivelazioni
l'insidioso colloquio fu impedito. Nel giorno seguente Lord Rutwen inviò ad
Aubrey il proprio servo per avvertirlo, che assentiva di buon grado alla
richiesta separazione, senza però lasciarsi sfuggire verun sospetto di
conoscere ch'egli avesse fatto andare vuoti i suoi perversi disegni.
Laciata
Roma, Aubrey rivolse i suoi passi verso la Grecia, ed attraversata la penisola
giunse in Atene: ivi elesse dimora nella famiglia d'un Greco e diessi
interamente a ricercare l'ecclissate rimembranze dell'antica gloria di quella classica terra.
Albergava sotto l'istesso tetto una creatura sì amabile ed avvenente, che
avrebbe potuto servire di modello al pittore desideroso di effigiare la
felicità che è promessa a' credenti nel paradiso di Maometto; se non che i suoi
sguardi brillavano d'un cotal fuoco che mai non avrebbe potuto credersi
appartenessero ad un ente mortale.
Com'essa
danzava sulla pianura, o saliva il fianco di un amena collina la gazzella non
avrebbe potuto reggere al confronto della sua beltà. E chi mai non avrebbe
preferito il suo sguardo, che sembrava dipinto di un raggio celeste, all'occhio
languido e lascivo di quell'animale atto solo ad allettare i sensi d'un molle
epicureo? I lievi passi di Jante sovente accompagnavano Aubrey allorché correva
in traccia di antichità, e sovente l'incauta fanciulla inseguendo le dorate
farfalle nuotanti nell'aria, disvelava tutta la venustà delle sue forme allo
sguardo cupido di lui, che obbliava le lettere poco prima decifrate sopra una
logora pietra per contemplare quelle angeliche sembianze: sovente le sue
treccie sciolte in anella ondeggianti, e percosse dai raggi del sole
riflettevano i più brillanti colori, e le tinte più dolci, che ben potea
scusarsi la distrazione dell'antiquario, il quale rapito dalla contemplazione
di questa eterea creatura, lasciavasi sfuggire dalla memoria una scoperta, che
prima credeva di somma importanza alla esatta interpretazione d'un passo di
Pausania. Ma a che tentare di descrivere dell'attrative che tutti possono
sentire, nessuno apprezzare abbastanza? In questa fanciulla era raccolto tutto
ciò che di più seducente possede l'innocenza, e la beltà che non sia stata
contaminata dall'alito d'una società corrotta, e dalle sue contagiose
ricreazioni. Mentre ei dipingea i frammenti di quegli oggetti di cui desiderava
serbarsi un'immagine nell'ore avvenire, essa sedeva presso di lui, ed ammirava
i magici effetti del suo pennello che ritraeva le scene più dilettose della sua
terra natia. Allora essa gli descriveva la gioja delle danze che un dì
ricreavano quelle amene pianure, e gli dipingea coi colori più splendidi d'una
memoria infantile, la pompa degli sponsali che rammentavasi d'aver veduti nei
suoi più verd'anni. Quindi si facea a parlare degli oggetti che più aveano
colpito la di lei fantasia, e ripeteagli tutti i racconti di enti
soprannaturali ch'ella un giorno avea uditi dalla sua nutrice. Ricordava tra
gli altri la storia di un Vampiro che avea per molt'anni vissuto fra gli amici,
e fra i più cari congiunti forzato ogn'anno a succhiare il sangue di un'amabil
fanciulla, per protrarre la di lui sciagurata esistenza. Jante citava anco il
nome di alcuni vecchj che aveano scoperto un Vampiro esistente tra essi, dopo
che molti de' loro figli, e dei loro più prossimi parenti erano rimasti vittime
della sua diabolica fame. L'importanza, e la fede manifesta ch'essa accordava a
tali racconti eccitavano l'interesse di Aubrey che si empiva di raccapricio,
benché tentasse di ridersi di questi assurdi, ed orribili sogni. Ma allorché ei
facea sembiante di resistere a tutte le prove che gli adduceva, per
convincerlo, essa lo scongiurava a prestar fede ai suoi racconti; poiché era
stato osservato, che coloro che aveano osato metter in dubbio il potere dei
Vampiri, venivano assoggettati ad una tale prova che gli obbligava fra lo
spavento, ed il dolore a confessarne la loro esistenza. Richiamando poi tutte
le tradizioni sussistenti sulla comparsa di questi mostri si esaltava l'orrore
d'Aubrey, nel riconoscere un'esatta rassomiglianza col carattere di Lord
Rutwen. Pure egli ostinavasi a persuaderla che i timori da lei concepiti non
erano che chimere, e nel tempo medesimo maravigliavasi di scorgere molti indizj
che vieppiù eccitavanlo ad ammettere in Lord Rutwen l'esistenza d'un potere
soprannaturale.
Aubrey
si venne affezionando sempre più a Jante, ed il suo cuora fu vinto dalle
attrative della di lei innocenza che contrastava così eminentemente colle
ipocrite virtù che ostentavano le femmine, nella di cui società avea cercato di
verificare i modelli di perfezione creati dalla sua fantasia; e benché
sorridesse al pensiero che un giovine educato alla inglese disegnasse di fare
sua sposa una rozza fanciulla greca, pure ei sentiasi ognora più invaghito
dello magiche forme che continuamente gli si offrivano allo sguardo. Più volte
si decise di abbandonarla, e di recarsi solo in traccia di oggetti interessanti
la curiosità d'un antiquario. Risolvea di partire, e di non ricondursi a lei
finché non avesse colto l'oggetto delle dotte sue investigazioni; ma quelle
rovine avean perduto tutte le loro attrative, e la sua mente rifuggiva di
arrestarsi su di esse, poiché sembrava tutta assorta nella contemplazione di
un'immagine che giammai lo abbandonava, e pareva essere divenuta la meta di
tutti i suoi pensieri. Jante non era conscia del di lui amore, e sempre gli si
offriva con quelle sembianze d'ingenuità e di candore, le quali Aubrey avea
tanto ammirate fin dal primo istante che la conobbe. È vero che ella mostrava
di dividersi con pena da lui, ma ciò venia solo dal non potere priva della
compagnia d'Aubrey recarsi più ai favoriti suoi recessi campestri, ne' quali
godeva spaziare mentre egli era occupato a delineare, o scoprire qualche
frammento, sfuggito al dente distruggitore del tempo.
Per
convincerlo dell'esistenza de' Vampiri essa avea invocata l'autorità de'
genitori, che in compagnia di molti altri asseveravano solennemente l'istesso
fatto. Pochi giorni appresso Aubrey si disponea ad intraprendere una nuova
escursione, nella quale dovea intrattenersi parecchie ore. Quando i suoi ospiti
l'udirono far menzione del sito che accingevasi a visitare, tutti ad una voce
lo scongiurarono a dipartirsi pria che scendesse la notte; poiché per
ricondursi al suo soggiorno dovea necessariamente attraversare un bosco, nel
quale per nessun motivo un greco avrebbe osato rimanersi dopo il tramonto del
sole. Gli descrissero quella situazione come un asilo ove i Vampiri conveniano,
onde consumar le loro orgie nefande, e minacciavano le più tremende sventure a
colui che si fosse arrischiato di battere durante la notte quel sentiero da
essi infestato. Aubrey però non porse orecchio a tali superstiziosi discorsi, e
si provò di dileggiare i loro terrori. Ma allorché gli scorse rabbrividire
udendolo farsi giuoco di questi irresistibili poteri infernali, il cui nome
solo bastava a far loro gelare il sangue, non disse più. Il mattino seguente
mentre stava per lasciare la dimora, onde recarsi solo a compire la meditata
escursione, fu sorpreso all'osservare l'aspetto melanconico de' suoi ospiti, ed
afflittissimo nello scorgere che gli scherni, con cui avea mostrato di farsi
giuoco di questi orribili demonj, aveano inspirato ne' loro animi tanto
terrore. Quando era presso a partire, Jante corse vicino al cavallo su cui era
salito, e lo supplicò fervorosamente di far ritorno pria che la notte
concedesse a questi enti di giovarsi de' loro orrendi poteri; ed ei lo promise.
Nondimeno le di lui indagini archeologiche occuparonlo sì intensamente, che non
si avvide come già stava per consumarsi la luce del giorno, né scorse
sull'orizzonte una di quelle nebbie che nei climi meridionali così rapidamente
si trasformano in tremendi ammassi di nuvole, e versano sulle sottoposte
regioni tutto il loro furore. Alfine montò a cavallo studiandosi di emendare
l'involontario ritardo con la velocità del corso; ma indarno. Nelle regioni
meridionali il crepuscolo non dura che un istante, ed appena il sole è sceso
all'occaso si fa notte. Quindi prima ch'egli fosse di molto inoltrato nel
cammino, l'uragano già avea cominciato ad infuriare; il tuono cupamente
reiterato dall'eco della selva, non mai restava, ed una pioggia spessa ed incessante lo sforzò ad aprirsi la via sotto i
rami fronzuti del bosco, mentre il trisulco lampo sembrava strisciare a' suoi
piedi ed irradiarlo dell'azzurrina sua luce. All'improvviso il cavallo
s'impennò, ed Aubrey in sua balìa, fu trascinato con terribile foga fra i
recessi più ascosi della foresta. Il destriero rifinito dalla fatica al fine
arrestossi, ed allora scorse al chiarore de' lampi, com'egli era presso ad una
capanna, che appena poteasi discernere fra gli ammassi di foglie inaridite ed
arbusti, da cui era ricoverta. Scese dal cavallo, ed avvicinossi ad essa,
sperando d'incontrarsi in qualcuno che lo scortasse alla città, o almeno gli
concedesse un'asilo per ricovrarsi finché la burrasca fosse acquetata. Quando
fu presso alla soglia il rumoreggiare del tuono si tacque un istante, ed Aubrey
udì allora le grida disperate d'una donna, miste ad uno scherno esultante e
feroce, manifestato con iscrosci non interrotti di riso. Rimase al primo
istante stordito, ma scosso dal fragore del tuono che di nuovo ruotolò sul suo
capo, scagliossi con uno sforzo subitaneo contro la porta della capanna, e
l'atterrò. Allora smarrissi nella più profonda tenebrìa, e le grida sole
serviano di scorta a' suoi passi. Sembrava però che veruno si fosse avveduto della
sua presenza, poiché ad onta ch'egli chiamasse altamente soccorso, il lamento
continuava senza che nessuno si curasse di dargli risposta S'accorse nullameno
d'essere presso d'un uomo ch'ei tentò subitamente di arrestare, e nell'istesso
istante una voce gridò. Sarò io di nuovo deluso? Successe a questo un novello
scroscio di riso, ed Aubrey sentissi afferrale d'una mano che sembrava dotata
di forza sovrumana. Deciso però di vendere al più alto prezzo la propria vita,
si difese animosamente, ma tutti i suoi sforzi furono vani: egli fu sollevato
da terra, e rovesciato al suolo da una potenza irresistibile. Il suo nemico
avventossi quindi su lui premendogli con le ginocchia il petto; gli afferrò il
collo con ambe le mani; ma sorpreso dallo splendore di molte fiaccole che
penetrava per gli spiragli che servivano a dare accesso alla luce nella
capanna, si lanciò verso la porta, e ben tosto cessò lo stormire delle frondi
ch'egli scosse nella violenta sua fuga. L'uragano svanì, ed Aubrey reso
immobile dal terrore, fu inteso da coloro che rimaneansi fuori della capanna.
Com'essi entrarono, la luce dei doppieri illuminò le pareti d'argilla, ed il
tetto ricoperto di paglia, da cui pendevano larghi fiocchi di caligine. Aubrey
li supplicò a recarsi subito in traccia di colei che coi più disperati lamenti
avealo chiamato a sua difesa, e rimase di nuovo solo nelle tenebre. Ma chi
potrebbe esprimere l'orrore che provò al loro ritorno, scorgendoli trasportare
immobili e ricoperte del pallore della morte l'eteree sembianze dell'amabil sua
guida! Chiuse gli occhi, lusingandosi questa non fosse che una visione
dell'agitata sua fantasia, li riaperse tosto, e vide le stesse sembianze
sformate dalla morte giacere presso di lui. Squallide avea le gote e le labbra,
pure da quel volto spandeasi una calma solenne che ammaliava come se fosse
stato abbellito da tutto lo splendore della vita. Sovra il collo ed il petto
scorgeansi de' grumi di sangue e sulla gola scuoprivansi le vestigia dei denti
che aveanle squarciate le vene. A tale lugubre scena tutti gridarono
inorriditi: «Un Vampiro! un Vampiro!». Costruirono in fretta una lettiga, ed
Aubrey fu deposto presso le spoglie mortali di colei che pochi giorni prima era
stata l'oggetto delle sue più brillanti e deliziose illusioni, e che tutti
ammiravano come il più bel fiore d'innocenza e di gioventù. Il misero giovine
non sapea più discernere i suoi pensieri; la sua anima agghiacciata sembrava
evitare d'intrattenersi sovra ogni oggetto reale, e occupandosi solo di negre
chimere e di sogni, quasi senz'avvedersi tenea stretto nelle mani un pugnale di
forma singolare ritrovato nella capanna. Appena si pose in cammino, il
convoglio s'avvenne in diverse persone, che pur correvano in traccia
dell'infelice, strappata per sempre al cuore della più tenera
madre. Nell'appressarsi alla città i dogliosi lamenti che uscivano da quella
funebre comitiva, annunziarono ai miseri genitori la tremenda catastrofe.
Nessuno potrebbe immaginare, né descrivere il cordoglio che provarono allorché
furono certi del loro infortunio. Essi fissarono a lungo i disperati sgardi ora
sul cadavere della figlia, ora sul sembiante d'Aubrey; nessun conforto poté
attenuare le loro angoscie, ed essi soggiacquero vittime del dolore.
Aubrey
essendo posto a letto fu assalito da una febbre violentissima, che sovente il
rendeva deliro. In questo stato per una inesplicabile associazione d'idee ei
ripetea sovente il nome di Lord Rutwen e di Jante, e fu udito più fiate
supplicare il suo compagno che volesse risparmiargli l'amata fanciulla: altre
volte scagliava le più terribili imprecazioni sul di lui capo, maledicendolo
come autore del di lei eccidio.
In
quel torno accadde che Lord Rutwen arrivò in Ateue condotto da ignote cagioni,
ed appena conobbe la condizione di Aubrey, si recò ad abitare nell'istesso
soggiorno, e divenne il suo più assiduo confortatore. Quando Aubrey si riebbe
dal suo delirio, fu sorpreso ed inorridito alla vista d'un uomo, le di cui
sembianze risvegliavano nella sua mente l'immagine d'un Vampiro: ma Lord Rutwen
usando le più gentili espressioni, e mostrandosi quasi dolente della malvagità
che avea cagionato la loro separazione, e più di tutto colle attenzioni e colle
cure affettuose che gli prodigava, lo riconciliò alla sua presenza. Diffatti ei
sembrava, del tutto cangiato, ed agli sguardi stessi di Aubrey più non appariva
quell'essere misterioso, che avea eccitato cotanto la sua ammirazione. Ma
com'egli cominciò a percorrere rapidamente la convalescenza, Lord Rutwen
ritornò gradatamente ad assumere il consueto sembiante, ed Aubrey lo scorse
sovente fissare immobili i di lui sguardi ne' suoi, mentre gli errava sul
labbro un sorriso di maligna esultanza; e benché ne ignorasse la cagione, pure sentiasi
atterrito da quel sogghigno. Durante l'ultimo periodo della convalescenza di
Aubrey, Lord Rutwen, cercando d'evitare l'incontro d'ogni mortale, sembrava
solo inteso ad esplorare le tranquille onde increspate da freschi venticelli, e
nel perseguire il corso di quelle sfere, che ruotano come la terra intorno
all'immobile sole. Queste crudeli vicende prostrarono le forze d'Aubrey, e quel
brio naturale che un tempo lo distingueva pareva lo avesse abbandonato per
sempre. Amava la solitudine ed il silenzio quanto il suo misterioso compagno,
ma non poté rinvenire nei dintorni di Atene la calma che sospirava il suo
cuore. Indarno ei la cercò fra le rovine ch'egli avea visitato con tanta gioja
ne' tempi andati, poiché queste sembravano riprodurre ad ogni passo le
sembianze di Jante. Indarno ei la cercò ne' boschi, poiché in questi pareagli
scorgere il di lei piede leggiero errare fra l'erbe e gli arbusti in traccia
delle modeste viole, e volgendosi improvvisamente dall'un de' lati, si offriva
all'inferma di lui fantasia il pallido sembiante e la gola squarciata della
diletta fanciulla, con un dolce sorriso sulle sue labbra. Decise però di
fuggire queste scene, che in tutti i loro aspetti eccitavano nel suo cuore
amare rimembranze, e propose a Lord Rutwen, che avealo altamente obbligato con
la tenera assistenza prestatagli durante la malattia, di visitare quelle
contrade di Grecia che ancora non aveano percorso. Viaggiarono quindi in
diverse regioni, si volsero a tutti i paesi celebri per illustri memorie, e
quantunque s'occupassero a cercare sempre nuovi oggetti d'ammirazione, pure
sembrava che non curassero ciò che sì ansiosamente aveano cercato. In queste
gite essi udirouo di sovente parlare di assassini, ma a poco a poco
cominciarono a dispregiare tali voci, che credettero fossero sparse ad arte,
onde eccitare la loro generosità verso quegli abitanti, che chiamavano a
difenderli dai minacciati perigli. Trascurando però questi avvertimenti un
giorno dieronsi a viaggiare colla scorta di poche guardie, più allo scopo che
servissero loro di guida che di difesa; ma impegnandosi nell'angusta gola d'un
monte, al di cui fondo scorgevasi l'alveo d'un fiume, ove giacevano enormi
roccie divelte dalle coste delle montagne vicine, essi ebbero motivo di
pentirsi della loro temerità. Appena tutta la comitiva erasi inoltrata nel
difficile passaggio, furono sorpresi dal fischio di varie palle quasi
striscianti sulle loro teste, e dall'eccheggiato rimbombo di molte scariche di
fucile. Tosto le guardie li abbandonarono cercando rifugio dietro una rupe,
donde cominciarono a volgere i loro colpi verso il luogo da cui erano uscite le
esplosioni degli agressori. Lord Rutwell ed Aubrey seguendo il loro esempio, si
ritirarono per un istante dietro una girata del monte, ma arrossendo di fuggire
un nemico, che con grida insultatrici disfidavali ad avanzarsi, e veggendosi
esposti ad un irreparabile eccidio, ove alcuno degli assassini avesse potuto
guadagnare il sommo del monte e scendere loro alle spalle, decisero di
spingersi avanti in traccia de' nemici. Ma non appena aveano abbandonato la
roccia che li cuopriva, Lord Rutwen colpito nella spalla cadde boccone sul
suolo. Aubrey dimentico del proprio pericolo, affrettassi a porgergli soccorso, ma tosto si vide circondato da
tutta l'orda degli agressori; mentre le guardie appena videro ferito Lord
Rutwen, gettarono le armi, e si arresero a discrezione.
Aubrey
vinse colle promesse più generose il furore degli assassini, e gl'indusse a
trasferire il suo amico in una vicina capanna. Dopo pattuito il prezzo del
riscatto, essi lo liberarono della loro presenza, essendosi limitati soltanto a
custodire l'ingresso della capanna fino al ritorno d'uno de' loro compagni, che, munito d'una credenziale,
era stato inviato alla città per trasportare la somma ad essi promessa. Le
forze di Lord Rutwen prostraronsi rapidamente: allo spirare del secondo giorno
la gangrena cominciò a svilupparsi sulla ferita, e la morte sembrava
s'affrettasse con rapidi passi alla sua vittima. Però le sembianze e le maniere
di Lord Rutwen non erano menomamente alterate: ei sembrava indifferente ai suoi
tormenti, come se avessero straziato un suo nemico. Soltanto al termine
dell'ultima notte il suo spirito parve agitato: il suo sguardo arrestavasi
immobile sopra Aubrey, che mai da lui si divise, prestandogli la più assidua e
cordiale assistenza. Poi con voce cupa ed interrotta parlava: Aubrey ajutami;
tu puoi salvarmi... tu puoi giovarmi più che non credi; io non apprezzo la
vita: l'idea della morte m'affligge meno della perdita d'un giorno... io non
chiedo che tu scongiuri il mio fato, ma tu puoi salvare il mio onore... l'onore
del tuo amico. Come? in qual modo? rispose Aubrey; io sono disposto ad
adempiere ogni tuo desiderio. E Lord Rutwen: Ho bisogno d'assai poco... la mia
vita s'affretta al suo termine... io non ti posso rivelare tutta la mia
istoria... ti dirò solo che se tu ascondi tutto ciò che di me ti è noto... il mio onore
rimarrà scevro d'ogni macchia... e se per qualche tempo l'Inghilterra ignorasse
la mia morte io... io... ma ciò che più mi cale è che s'ignori la mia vita. Non
sarà nota a veruno, affermò Aubrey: Giuralo, esclamò il moribondo, sollevandosi
con uno sforzo di maligna esultanza; giura per tutti gli oggetti più sacri che
adora il tuo cuore... giura per tutte le potenze temute dall'umana natura...
giura che per un anno ed un giorno non manifesterai a verun essere vivente i
miei delitti e la mia morte, ad onta d'ogni vicenda che tu possa incontrare, e
di qualunque evento ti si presenti. Mentre proferìa tali accenti, i suoi occhi
sembravano volergli scoppiare dalle orbite. Lo giuro, disse Aubrey: Lord Rutwen
ricadde sorridendo sull'origliere, ed esalò l'estremo sospiro. Aubrey si ritirò
per riposare, ma non poté trovar sonno: tutte le vicende accadutegli dopo aver
conosciuto questo uomo singolare gli tornavano in mente: e senza saperne la
cagione, allorché ricordava il giuramento ch'avea proferito, un freddo terrore
lo assaliva come se quel pensiero fosse presago di qualche orrenda sciagura.
Alzandosi all'alba ei stava per entrare nella capanna, in cui era stato deposto
il cadavere, allorché' incontrossi in uno degli agressori, il quale lo avvertì,
che le spoglie mortali del suo amico, non erano più in quel luogo, poiché
appena ch'ei si era ritirato furono trasportate da lui e da' suoi compagni
sulla sommità della vicina montagna, avendo Sua Signoria richiesto di essere
esposto ivi al debile raggio della prima luna che dovea sorgere dopo la sua
morte. Aubrey rimase attonito, e conducendosi seco una mano di uomini, si
accinse a salire il monte, onde dar sepoltura al suo amico nella terra istessa,
su cui giaceva. Giunto al sommo cercò affannoso il cadavere, né gli riuscì di
rinvenirne veruna traccia, né verun brano del drappo funebre, benché i
malandrini giurassero che quella era la roccia medesima, su cui lo aveaao
deposto. Lo spirito d'Abhrey smarrissi per qualche istante in inutili
congetture, poi cedendo al vigore di sua ragione, si persuase che i ladri
avessero sepolto il cadavere, per impossessarsi anche delle vesti che lo
ricoprivano.
Infastidito
d'un soggiorno, in cui avea sofferto così terribili sciagure, ed ove tutto
cospirava ad esaltare la
superstiziosa melanconia, da cui era invaso, risolvette di abbandonarlo, e dopo
brevi giorni di navigazione arrivò a Smirne. Quivi mentre attendeva un vascello
su cui far tragitto a Napoli o ad Otranto, occupossi a riordinare gli arnesi che aveano
appartenuto a Lord Rutwen. Fra questi esisteva uno scrigno, in cui erano
riposti molti pugnali ed Atagans, atti più o meno a compire il sacrifizio d'una
vittima: mentre li maneggiava esaminandone la singolare loro struttura, fu
sorpreso altamente nel rinvenire una guaina, che sembrava fregiata esattamente
come l'elsa del pugnale ritrovato nella fatale capanna. Raccapricciò, ed
affrettandosi di cercare una prova decisiva, corse in traccia di quel pugnale,
ed ogni cuore potrà immaginare facilmente l'orrore che provò allora che
scoperse, che quel ferro, benché d'una strana forma, s'adattava precisamente
alla guaina che tenea fra le mani. Non attese altro argomento per accertarsi
del fatto, e i di lui sguardi parevano incatenati all'oggetto che tanto lo
atterriva. Pure avrebbe desiderato che ciò non fosse che una illusione; ma
l'istessa forma singolare, gli stessi svariati colori che brillavano ugualmente
e sull'elsa e sul fodero, ed il sangue rappreso su d'entrambi non gli
lasciavano neppure il conforto del dubbio. Abbandonò Smirne, ed appena arrivato
a Roma, chiese subito novelle della fanciulla ch'egli avea salvata dalle
insidie di Lord Rutwen, e seppe che i genitori di lei erano caduti nello stato
più deplorabile, che la loro fortuna era rovinata irreparabilmente, e che dopo
la partenza di Sua Signoria più non aveasi inteso parlare della loro figlia.
Aubrey rimase atterrito da questa serie di orrori, e sospettò, che quella
infelice fosse rimasta vittima dell'assassino di Jante. Divenne cupo e
taciturno, e nel viaggio che intraprese per ricondursi in patria non faceva che
sollecitare la foga de' cavalli, come se corresse a salvare uno degli esseri a
lui più cari. Giunto a Calais, il vento, che sembrava docile a' suoi desiderj,
lo spinse in brev'ora sulle spiagge Britanne. Appena sbarcato s'affrettò subito
alla casa paterna, ove fra gli amplessi dell'amata sorella parve obbliare la
memoria delle trascorse vicende. Se ne' giorni dell'infanzia i vezzi e le
carezze di lei le aveano cattivato l'amore d'Aubrey, ora ch'essa gli apparve in tutto il brio della gioventù si
attrasse vieppiù il suo affetto e la sua confidenza. Miss. Aubrey non possedeva
veruna di quelle grazie studiate, che destano l'ammirazione ed eccitano gli
omaggi nelle brillanti adunanze: sul di lei sembiante non apparìa verun raggio
di quel vano orpello, che si acquista nella corrotta atmosfera di un crocchio.
I suoi occhi azzurri non disvelavano con volubili ruote la lievità dello
spirito, ma da' suoi sguardi traspirava una malìa melinconica, che non sembrava
nascere dalla sciagura, ma da una tristezza sublime, che rivela un'anima
infastidita della terra, e che sospira un soggiorno più degno. Il suo
portamento era riposato e pensoso, né mostrava verun indizio di quella
irriflessione od inconsideratezza, che si arresta anco sui più indifferenti
oggetti che feriscono i sensi, ed obblia le passioni più gravi alla vista di
una farfalla o di un fiore. Nella solitudine il sembiante di lei non rifulgea
mai del sorriso della gioja, ma allorché Aubrey versava nel suo seno
l'espansioni più tenere dell'amore fraterno, e cercava di dimenticare dinanzi a
lei quelle rimembranze funeste che toglievangli ogni riposo, la
voluttà istessa avrebbe desiderato adornarsi del suo
sorriso. In quest'istanti i suoi occhi e le sue sembianze pareva che
rivelassero tutta la leggiadrìa, di cui la natura gli avea abbelliti. Benché
toccasse allora l'anno diciottesimo, era dessa ignorata dal mondo, né ancora
era stata presentata alla società, avendo i suoi tutori creduto meglio di
differirne l'assenso fino al ritorno del fratello, in cui essa dovea trovare un
valido protettore. Fu quindi deciso, che in una delle grandi adunanze, che
doveano fra pochi giorni tenersi alla corte, questa fanciulla si sarebbe
esposta per la prima volta sulla scena del mondo. Aubrey avrebbe però amato
meglio rimanersi nella casa paterna, onde avere più agio d'abbandonarsi a' quel
delirio melanconico da cui era posseduto, non potendo accordare veruno
interesse alle pompe ed alle vanità del mondo, dopo che l'animo suo era stato
così sconvolto da lugubri casi, di cui fu testimonio; ma egli volle sacrificare
il suo desiderio al compenso di sovvenire della sua protezione l'amata sorella.
Tantosto
arrivarono in città, e nel seguente giorno apparecchiaronsi a formar parte
della società a cui erano stati invitati. Da gran tempo non s'era tenuto
crocchio alla corte, quindi il concorso fu numerosissimo, e tutti coloro ch'erano ansiosi di bearsi
d'un sorriso del monarca vi si affrettarono. Aubrey pure v'intervenne in
compagnia di sua sorella, e mentre stavasi solo in un angolo della sala
indifferente a tutti gli oggetti che l'attorniavano, e commosso dalla
rimembranza che in questo istesso luogo gli fu presentato per la prima volta
Lord Rutwen, sentissi afferrare il braccio e risuonare all'orecchio una voce
troppo bene da lui conosciuta che disse: Ricordati del tuo giuramento... Ebbe
appena bastante coraggio per volgersi addietro, temendo di scorgere alle spalle
uno spettro minaccioso allorché discuoprì a breve distanza l'istessa fisonomia
che al suo primo ingresso in società tanto aveva commosso la sua immaginazione.
A tal vista ei rimase esterrefatto in guisa che le sue membra tremanti quasi
ricusavano di sostenere l'usato peso, onde fu obbligato a farsi sostegno del
braccio d'un amico, e tentando subito di aprirsi una via tra la folla, si
lanciò nella carrozza e si ricondusse al suo palagio. Ivi giunto cominciò a
misurare la stanza con passo incerto e frettoloso, stringendosi il capo con
ambe le mani, quasi temesse che gli occulti e tremendi pensieri che lo
agitavano volessero scoppiare dal suo cervello. In questi istanti gli si
schierarono in orribile prospettiva tutte le vicende che gli accaddero dopo che
avea conosciuto Lord Rutwen, e segnatamente meditò sul di lui risorgimento; sul
pugnale, e sul giuramento che aveagli prestato. Alfine si scosse; la ragione
riacquistò il suo impero, e cominciò a riflettere, che era impossibile che gli estinti
ricomparissero sulla terra, e provossi di credere che il sembiante che tanto lo
avea atterrito non fosse stato che un fantasma della sua immaginazione, sempre
occupata da questo singolare personaggio. Persuaso adunque della sua illusione,
si decise di ridonarsi alla Società, perché quantunque in tutti i giorni che
trascorse nella solitudine, ei tentasse di chiedere nuove di Lord Rutwen, il di
lui nome rimaneagli errante sul labbro senza poterlo mai pronunziare. Poche
notti appresso si condusse in compagnia della sorella alla conversazione d'un
suo prossimo parente, ed affidandola ad una rispettabile matrona, Aubrey
ritirossi in una piccola stanza solitaria, onde poter a suo agio
abbandonarsi a suoi tetri pensieri, ma accorgendosi
alfine che già molti degli astanti si congedavano, si riebbe dalla sua
meditazione, ed entrando nella sala trovò sua sorella circondata da molte
persone ed impegnata a quanto sembravagli in una fervorosa dicerìa: tentò di
farsi largo per accostarsi a lei, quando un tale, a cui avea richiesto di
permettergli il passo, si volse offrendo al suo sguardo le sembianze che tanto
egli abborriva. Si spinse innanzi, afferrò il braccio della sorella, e con
passo precipitoso la trascinò fuori della stanza. Giunto alla porta ei dovette
sospendere la sua foga, essendo tutta ingombra dalla folla de' servi che
stavansi aspettando i loro padroni, e mentre affannavasi per aprirsi il
sentiero, di nuovo udì l'istessa voce ripetergli all'orecchio: Ricordati del
tuo giuramento... ei non osò volgersi indietro, ma raffrettando il passo della
sorella giunse in brevi istanti alla propria dimora. Aubrey perdette quasi
l'intelletto. Se prima d'ora il solo dubbio avea bastato ad alterare il suo
giudizio la certezza che il mostro, il quale tanto l'avea atterrito, tuttora
esisteva terminò di traviarlo: Più non corrispose alle cure amorevoli della
sorella, e quando
essa supplicavalo a rivelarle la cagione d'una così strana ed incomprensibile
condotta, non proferìa in risposta che pochi e misteriosi accenti, che non
serviano che ad accrescere il suo terrore. Più Aubrey meditava sulla sua
situazione e più gli sembrava terribile; benché la memoria del giuramento lo
facesse raccapricciare, pur non sapea indursi a soffrire che questo mostro
spargesse la desolazione e lo spavento fra gli oggetti a lui più cari, e
credeasi astretto di arrestarne i fatali disegni mentre la sua stessa sorella
potea cader vittima dell'affascinamento di un tale demonio. Poi riflettea che
se anco avesse infranto il giuramento, e manifestati ad altri i suol tremendi
sospetti, non avrebbe trovato forse veruno disposto a prestargli credenza.
Volea giovarsi della propria mano per liberare il mondo da questo ente maligno;
ma ricordandosi che anche il potere della morte era stato da lui deluso, ne abbandonò
il pensiere. Rimase molti giorni chiuso nella propria stanza, ricusando di
vedere chicchessia, ed accettando soltanto qualche alimento, allorché sua
sorella piangente lo scongiurava ad offrire per di lei amore un ristoro alla
esausta natura. Alfine non potendo più sopportare la noja ed il silenzio della
sua solitudine, lasciò le stanze ed errò incerto lungo le vie della città,
tentando di fuggire l'immagine che tanto lo infestava. Non pose più veruna cura
nell'abbigliarsi, e vagava offrendosi senza riserva agli ardori del mezzogiorno
ed alle rugiade della notte, per cui le sue sembianze si alterarono in guisa
che più non era riconoscibile. Ne' primi tempi di questa vita errabonda egli
rendeasi alla propria famiglia al cominciare della notte; ma in progresso
isdrajavasi sul nudo terreno, e dormiva ovunque sorprendevalo il sonno. Sua
sorella ansiosa della di lui salvezza, incaricò varie persone a seguire i suoi
passi; ma ei seppe deludere la vigilanza de' suoi custodi, ed involarsi come un
fantasma dai loro sguardi. La sua condotta però cangiossi subitaneamente.
Colpito dall'idea che nel tempo di sua assenza lasciava i suoi più intimi amici
in preda ai poteri di un demonio, di cui ignoravano l'esistenza, si decise di
rientrare in società, onde sorvegliarlo da presso e rivelarne la natura a tutti
coloro, che più intimamente s'intrattenevano con luì. Ma allorquando
s'introduceva in un circolo, i suoi sguardi tetri e sospettosi rivelavano
gl'intimi suoi terrori in guisa che
Miss. Aubrey fu obbligata di pregarlo ad evitare una società che sì tristamente
agitava la sua fantasia. Essendo riusciti vani questi avvertimenti, i tutori
risolvettero d'interporre la loro autorità, e giudicando che Aubrey fosse in
istato di assoluta demenza, si credettero in diritto di riassumere la tutela,
che nei decorsi anni i di lui parenti aveano loro affidata. Però desiderosi di
salvare dalle ingiurie, che pativa nelle giornaliere sue corse, e per non
esporre, agli sguardi del pubblico il doloroso spettacolo de' suoi delirj, invitarono
un medico a rimanersi nel suo palagio, onde porgergli continua assistenza.
Aubrey si avvide appena di queste misure, poiché l'anima di lui era tutta
assorta nell'oggetto de' suoi terrori. Alfine le sue aberrazioni si resero così
minacciose, che furono obbligati a confinarlo in una stanza, ove sovente
rimaneasi per una serie di giorni senza mai poterlo scuotere dal suo letargo.
Il suo corpo perciò divenne emaciato, e gli occhi acquistarono un vitreo
splendore. Indifferente a tutti gli oggetti che gli si offriano dinanzi, il
solo avanzo di affetto e di memoria che rimanevagli manifestavasi negl'istanti,
in cui sua sorella sedeva presso di lui. Allora ei si scuoteva, ed afferrando la di lei mano con uno sguardo che le recava
sommo cordoglio, la scongiurava a non lasciarsi toccare da lui: Ah! se tu mi ami, diceale, deh non toccarlo: deh non
permettere ch'ei ti si appressi... e quando essa chiedevagli a chi si
riferissero quelle parole, altro non rispondeva, se non che: È vero, è vero: e di nuovo cadeva in uno stato di sopore, da
cui nulla valeva a svegliarnelo. In tale condizione trascorse molti mesi: però a misura che l'anno s'approssimava al suo fine, le di
lui aberrazioni si resero meno frequenti; la sua ragione mandava a quando a quando lampi di luce, ed i custodi s'avvidero che
di sovente s'intratteneva contando sulle dita una serie determinata di numeri.
L'ultimo giorno dell'anno uno de' suoi tutori entrò nella stanza,
e cominciò a ragionare col medico sull'infelice
condizione di Aubrey, mentre nel giorno
appresso doveano celebrarsi gli sponsali di sua sorella. Questo discorso chiamò subitamente l'attenzione
dell'infermo, il quale chiese ansiosamente chi fosse lo sposo destinatole. Lieti di tale indizio di ragione, quando temeasi
ch'ei l'avesse per sempre perduta, gli fu
risposto, che il futuro marito di sua sorella era il conte di Marsden. Aubrey
sembrò lieto a tal nome, credendo che questi fosse un giovine gentiluomo che
sovente avea veduto nei ridotti che frequentava, e gli astanti rimasero
attoniti allorché manifestò il desiderio di vedere la sorella, e di assistere
alla cerimonia degli sponsali. Non gli risposero, ma sua sorella brevi istanti
appresso s'introdusse nelle sue stanze. Parea che di nuovo ei sentisse tutto l'influsso del suo amabile
sorriso: la strinse al petto, baciolla in volto, e le asciugò le lagrime
giojose ch'ella spargea, scorgendo che il diletto fratello era capace un'altra
volta di così tenere emozioni. Ricominciò a favellarle coll'usata amorevolezza,
ed a felicitarsi con essa lei per la scelta d'uno sposo, che apparteneva ad un
sì distinto lignaggio, ed era dotato d'ogni maniera di perfezione; ma
osservando che le pendea in sul petto un medaglione, di subito l'aperse, e
rimase esterrefatto al riconoscervi effigiate le sembianze del mostro, che sì
orribilmente avea sconvolta l'anima sua. In un accesso di furore le svelse il
ritratto dal seno e lo calpestò; e quando Miss. Aubrey l'inchiese
atterrita perché cosi sformasse ed oltraggiasse l'immagine
del suo futuro cognato, ei la guardò come se non avesse inteso le sue parole,
quindi afferrandole la mano, e guatandola con feroce cipiglio, le comandava
giurasse di non acconsentire mai d'essere moglie di quel mostro, perché.... ma
non poté proseguire, parendogli udire una voce tremenda che gl'intimava di
ricordarsi del suo giuramento. Si volse subitaneamente, temendo di scorgersi
appresso Lord Rutwen, ma non vide alcuno. Frattanto i tutori ed il medico
ch'erano stati testimoni di questa luttuosissima scena, pensando che Aubrey
fosse assalito da un nuovo accesso di delirio, entrarono, lo separarono a forza
dalla sorella, ed esortarono questa ad uscire tosto dalla stanza. Appena
ch'ella si fu allontanata Aubrey si prostrò innanzi agli astanti, e li pregò e
scongiurò a dilazionare d'un solo giorno gli sponsali; ma le sue preci furono
attribuite alla demenza, da cui lo giudicavano invaso: cercarono di
tranquillarlo, quindi si ritirarono.
Lord
Rutwen avea chiesto di visitare Aubrey nel mattino dopo la notte in cui si
tenne l'ultimo circolo alla corte, ma fu negato l'adito ad esso e ad ogni altra
persona. Però avuta contezza dell'infelice situazione di Aubrey, sospettò tosto
di esserne la cagione, e come seppe ch'egli venia creduto pazzo, poté appena
nascondere la sua esultanza agli sguardi di coloro che glielo narrarono. Subito
si affrettò di recarsi alla casa del suo antico compagno e col prestargli le
più assidue cure, e coll'ostentargli la più tenera amorevolezza, e l'interesse
più cordiale per il deplorabile suo fato, si fe' adito gradatamente all'animo
della sorella. E chi potea resistere alla sua malìa? Avea mille perigli e mille
sventure da raccontare: parlava di sé stesso come d'un ente che in tutto
l'umano consorzio non rinveniva un solo oggetto di simpatia: giurava di non
aver accolto nel suo cuore veruno affetto tranne quello ch'ella gli avea
ispirato: non sapea accennare la cagione, ma affermava che dopo averla
conosciuta gli sembrava d'aver cominciato a far stima di sua esistenza, benché
non gli fosse concesso che il solo compenso di udire l'armonia de' suoi
accenti; insomma ei seppe così destramente giovarsi dell'arte del serpente, o
fosse questo immutabile volere del fato, che riuscì ad impossessarsi di tutto
il di lei amore. In quel torno Lord Rutwen fu investito dei diritti di primogenitura
col titolo di Conte di Marsden ond'ei poté conseguire un'importante ambasciata,
che servì di pretesto per affrettare il matrimonio, che ad onta dell'infermità
del fratello dovea celebrarsi nel giorno innanzi ch'ei si partisse pel
continente.
Allorché
il medico ed i tutori uscirono, Aubrey tentò con larghe promesse di ottenere
dai domestici l'indugio che avea finora indarno implorato. Ma essi pure furono
inesorabili. Chiese da scrivere e gli fu accordato. Scrisse quindi una lettera
a sua sorella con cui la scongiurava in nome della di lei felicità e
dell'onore, in nome della carità verso gli estinti parenti che un dì
vagheggiaronla come la loro speranza, e la speranza della loro famiglia, a
protrarre Solo di breve ora la progettata unione, su cui scagliava le più
tremende maledizioni. I servi promisero di recargliela, ma avendola consegnata
al medico, non stimò ben fatto d'intorbidare lo spirito di Miss. Aubrey col
rivelarle i deliri d'un maniaco, come ei gli chiamava. Gli affaccendati
domestici vegliarono la intera notte, ed Aubrey udì il fragore delle feste che Si stavano apprestando con un orrore, che si può più facilmente immaginare che
descrivere. Apparve il mattino, e l'infermo divenne quasi furente udendo il rumoreggiare dei cocchi che
accorrevano alla sua casa. La curiosità de' servi fece loro dimenticare il dovere di
sorvegliarlo: essi ad uno ad uno lo abbandonarono affidandone la custodia ad un
vecchio impotente. Aubrey colse la favorevole circostanza: balzò fuori della
camera, ed in un istante dopo si mostrò nella sala,
ove già erano raccolti quasi tutti i convitati. Lord Rutwen che primo si avvide
della sua comparsa, gli si accostò subito ed afferrandogli un braccio senza
esprimere con un solo accento la rabbia che lo agitava, lo lanciò fuor della porta,
e giunto sul limitare della scala gli bisbigliò all'orecchio: Ricordati del tuo
giuramento, e sappi che se oggi tua sorella non è mia sposa ella è
disonorata... Pensa che la donna è debole... e sì dicendo lo spinse tra le mani
de' custodi, che alle grida del vecchio erano accorsi in traccia di lui.
Quest'infelice non poté reggere a lungo a tanti terrori e nello sforzo di
reprimere la sua rabbia gli si ruppe una vena entro il petto per cui cadde svenuto, e furono obbligati a trasportarlo nella sua stanza. Per tema di commuovere
troppo l'animo della sorella il medico comandò le si tacesse il racconto di
questa scena alla quale non s'era trovata presente. Il matrimonio quindi fu
solennizzato e gli sposi tosto lasciarono Londra. La debolezza di Aubrey si accrebbe d'assai e le emorragie reiterate lo trassero tosto nell'agonia d'una
prossima morte. In questo stato chiese de' suoi tutori, i quali corsero subito
al suo letto, ed al suonar della mezzanotte loro narrò con calma tutta la
storia già nota al lettore, ed un istante appresso morì. I tutori si
affrettarono di accorrere in difesa di Miss Aubrey, ma quando giunsero era omai
troppo tardi: Lord Rutwen era scomparso, e quella misera fanciulla era rimasta vittima della sete cruenta del Vampiro.
FINE
[1]
È opinione generale che una persona succhiata dal Vampiro, dopo morte essa pure
lo divenga e succhi il sangue alla sua volta.