La fine del sistema sanitario nazionale è ormai arrivata. Lentamente ma progressivamente i diritti fondamentali dei cittadini vengono calpestati da questa classe di politici e funzionari che con la scusa delle gravi condizioni finanziarie e delle priorità del SSN pretendono di essere i Menenii Agrippa del 2 millennio ma risultano essere solo dei beceri e gretti burocrati.
Stretta sui viaggi fuori regione. La Campania ha fatto da apripista con l'autorizzazione preventiva prevista per molti interventi chirurgici fuori regione. Tuttavia il provvedimento verrà adottato anche a livello nazionale, come indica la commissione Salute che riunisce gli assessori alla Sanità delle Regioni italiane. La svolta è arrivata nel corso dell’ultima riunione (a cui non ha partecipato la Lombardia, che più di tutte beneficia della migrazione di pazienti): si è così deciso di adottare una serie di «paletti» per tentare di arginare la piaga della mobilità passiva. Proprio a causa della fuga di pazienti, infatti, la sola Campania spende circa 400 milioni di euro all’anno. Ma l’emergenza riguarda anche altre aree del Sud e persino il Centro-Nord tant’è che Veneto ed Emilia Romagna, inizialmente scettiche, si sono convinte a dialogare in merito.
L'iniziativa della Campania. D’ora in poi per molti interventi chirurgici fuori Campania, in regioni limitrofe, servirà un’autorizzazione preventiva: occorrerà infatti l’ok da un’apposita commissione della Asl se il cittadino vorrà farsi curare altrove, altrimenti non se ne farà nulla. È la rivoluzionaria norma introdotta (per il momento in via sperimentale) con il decreto commissariale 156, pubblicato ieri sul Burc. Una misura, prevista dalla finanziaria regionale del 2012 nonché dal Consiglio dei ministri. Per il governatore-commissario Stefano Caldoro e il vice Mario Morlacco, ci sono cinque patologie per le quali occorrerà essere autorizzati: interventi sulla retina, sul cristallino (con o senza vitrectomia), sulle strutture intraoculari (eccetto retina, iride e cristallino), malattie e disturbi dell’ apparato muscolo-scheletrico e connettivo, interventi sul ginocchio senza diagnosi principale di infezione. Quattro, invece, le regioni che non potranno accogliere direttamente i cittadini campani: Lazio, Molise, Puglia e Basilicata. Perché proprio queste e non altre? Perché, secondo gli esperti, tali regioni ospitano ogni anno la maggior parte degli ammalati che vivono nel nostro territorio. Una norma che, osservano gli scettici, presta il fianco a eventuali ricorsi alla Corte costituzionale. Si tratta di un primo passo. Per i tecnici del ministero della Salute sono infatti oltre un centinaio le patologie sulle quali si registrano maggiori sprechi di denaro pubblico. E allora anche a livello nazionale si sta ragionando sulla possibilità di seguire la strada adottata in Campania fissando appositi «paletti». «Siamo partiti da cinque categorie ad elevato rischio inappropriatezza per avviare un percorso strategico - spiega a tal proposito il deputato Raffaele Calabrò, consigliere del governatore per la salute - I cittadini hanno il diritto di scegliere dove farsi operare ma se ciò determina gravi sprechi la Regione può e deve controllare nell’interesse degli stessi cittadini che pagano le tasse e chiedono legittimamente servizi e prestazioni adeguate». All’orizzonte ci saranno sicuramente disagi. Perché il provvedimento è retroattivo (dal primo gennaio 2012) e perché ogni Asl è tenuta a istituire un’apposita commissione «per il rilascio delle autorizzazioni preventive, fornendo adeguata informazione ai medici di famiglia e ai pazienti». Delle commissioni, tuttavia, ancora non c’è traccia. E senza nulla osta preventivo? Il decreto è chiarissimo: «In assenza dell’autorizzazione le prestazioni non sono remunerabili».
Nando Petrazzuoli
IL TESTO DEL DECRETO