VACCINI ANTINFLUENZALI E MORTI ASSOCIATE
La
farmacovigilanza tra scienza, coscienza, responsabilità sociale e prudenza
di Marco Cambielli - Vice presidente nazionale SNAMID
Nelle
varie newsletter che inondano i nostri computer in questi giorni troviamo:
“L’AIFA ricorda che il divieto di utilizzo cautelativo disposto lo scorso 27
novembre sulla base del principio di precauzione riguarda esclusivamente i due
lotti specificati del vaccino FLUAD, mentre tutti gli altri 18 lotti dello
stesso vaccino possono essere regolarmente somministrati, e che i vaccini
antinfluenzali in commercio in Italia quest’anno, compreso il FLUAD, sono 11.
Secondo
i più recenti dati Influnet (Rapporto n. 5 del 26 novembre 2014), i casi di
sindromi influenzali stimati nella settimana 17-23 novembre 2014, sono circa
54.000, per un totale, dall’inizio della sorveglianza, di circa 238.000. Siamo
ancora lontani dal picco influenzale, anche per via delle temperature ancora
miti di queste settimane. Chi non si è ancora vaccinato dovrebbe quindi farlo
adesso. La campagna vaccinale, avviata a metà ottobre, si concluderà a fine
dicembre.
Sulla
base di queste considerazioni, l’AIFA ribadisce l’invito a tutti i soggetti, in
particolare quelli a rischio, a sottoporsi alla vaccinazione per evitare di
andare incontro alle complicanze dell’influenza, che ogni anno causano circa
8.000 decessi in Italia, in particolare negli over 65”
Siamo
cioè di fronte al cessato allarme amplificato in misura eccezionale dai media
che hanno deviato il concetto di prudenza verso l’allarmismo non solo tra il
pubblico laico, ma anche tra i medici.
Occorre
qui ricordare che la farmacovigilanza è uno strumento importantissimo, che
aiuta tutti noi nell’utilizzo dei medicinali nella fase successiva alla ricerca
e alla sperimentazione clinica. È stata creata proprio per rilevare le
criticità e intervenire tempestivamente. Ma come in ogni situazione clinica è
assolutamente importante imparare a “gestire” le informazioni, soprattutto
quelle negative che in campo medico purtroppo possono accadere. L’alternativa è
pericolosa: non raccogliere informazioni, non scoprire i problemi, non
migliorare.
Ma
anche gestire non correttamente può comportare un problema.
Lo
dimostra non una indagine di mercato, ma uno studio serio pubblicato
questa’anno su Pediatrics ( Nhyan B et al Effective Messages in Vaccine
Promotion: A Randomized Trial:
(doi:
10.1542/peds.2013-2365). In questo studio,(volto a valutare la corretta
percezione dell’importanza del vaccino contro rosolia, varicella e parotite) si
conclude che le comunicazioni di sanità pubblica circa i vaccini possono essere
inefficaci. Per alcuni genitori, possono effettivamente aumentare percezioni
errate o ridurre la intenzione di vaccinare. I tentativi di aumentare le
preoccupazioni circa le malattie trasmissibili o correggere affermazioni false
circa i vaccini potrebbero essere particolarmente suscettibili di essere
controproducenti.
E’
ovvio che le Autorità proposte hanno il dovere di raccogliere le segnalazioni
che vengono dalla periferia e di trarre delle conclusioni decisionali almeno
preliminari sul rischio potenziale per gli utenti di un farmaco o vaccino, ma
molto dipende anche dal segnalatore periferico, talora medico di medicina
generale, che può dimostrare una eccessiva sensibilità e poca conoscenza
sull’impatto che la segnalazione di un evento di cui non sia nota la causalità
precisa può generare nella nostra società che registra già posizioni critiche nei
confronti dei vaccini, assolutamente non fondate.
Ogni
volta che si segnala un evento, le schede di segnalazione prevedono una prima
scrematura dell’eventuale nesso di causalità, che la Autorità, sulla base delle
informazioni fornite dal segnalatore, potranno valutare compitamente attraverso
alcuni algoritmi ( esempio, quello di Naranjo o Lasagna) , pesando l’evento in
rapporto ad altri trattamenti per verificare si ci si trova di fronte ad un
segnale, attraverso la valutazione di alcuni parametri come il PRR (
Proportional Reporting Ratio) ed altri che guidano verso una significatività e
la costituzione di un segnale di pericolo.
Ora
ci giungono segnalazioni che la valutazione del nesso di causalità sta
evidenziando che la maggior parte dei casi risulta non correlabile al vaccino
per la presenza di cause alternative che possono spiegare l’evento, mentre i
rimanenti casi esaminati non sono sufficientemente documentati, perché la
segnalazione non ha i requisiti minimi per la valutazione, a cominciare dall’assenza
di una diagnosi/evento avverso chiaramente definito.
E’
quindi fondamentale chiedersi perché si facciano segnalazioni precipitose ed
incomplete che destano allarme sociale senza fondati motivi. Ci troviamo di
fronte quindi anche ad una insufficiente cultura generale in tema di
farmacovigilanza che richiede sempre prudenza, ma equilibrio e conoscenza per
evitare di creare danni nell’intenzione contraria di prevenirli.
Penso
perciò che sia obbligo che anche i più tentennanti riprendano a vaccinare in
fretta i soggetti a rischio, perché le evidenze, intuibili anche in fase
iniziale, dimostrano la inconsistenza delle paure di nuocere, a fronte di
certezze di nuocere con atteggiamenti ora ingiustificatamente omissivi.