"Dal sacro Monte Kailash, nel Transhimalaya, oltre la linea delle piogge, discesi all'estremo del Capo Comorin, dove le acque di tre antichi mari si congiungono. Ed oggi so che in ambo gli estremi vi sono templi". (Miguel Serrano)

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sabato 19 marzo 2011

il 150° anniversario, l'Italia e la classe politica italiana ovvero: W Le Iene!

     Il 17 marzo è caduto il 150° anniversario dell'inaugurazione, a Torino, del primo parlamento italiano. Tale festività è stata fortemente voluta - oltre che dal Presidente della Repubblica e dai Presidenti di Senato e Camera, nonché dal Presidente del Consiglio - da tutta la classe politica italiana.
     Abbiamo pensato che i nostri politici, a fronte dell'assoluto silenzio circa le eventuali ragioni dei "vinti" (spesso non solo vinti ma incarcerati, fucilati, ammazzati ecc. senza neppure troppo riguardo per il sesso e per l'età) conoscessero solo le ragioni dei "vincitori" cioè fossero pratici di una lettura della storia ben documentata anche se "a senso unico".
     Ci siamo però dovuti ricredere a fronte di una ampia citazione, fatta in un articolo sul quotidiano "Libero" che pubblichiamo qui sotto, del programma televisivo "Le Iene" (nulla a che fare con i famosi "sciacalletti e iene" che il Principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa contrappose, evidentemente in chiave critica nei confronti del "nuovo corso" unitario, ai "Gattopardi") dove, in seguito ad una serie di interviste a politici vari, viene evidenziata impietosamente una realtà che, di fatto, mette nel luogo giusto (quello che non si nomina) la sbornia retorica del 17 marzo.
     Questo blog, oltre che di sindacato, si occupa di "cultura varia" e la cultura inizia esattamente laddove finisce l'intolleranza, tutta l'intolleranza, anche quella nei confronti di chi militò, 150 anni fa, dalla parte sbagliata e pagò a carissimo prezzo questa scelta.
     Milan Kundera ci ha detto che "Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un'altra cultura, inventa per loro un'altra storia. Dopo di che il popolo incomincia lentamente a dimenticare quello che è stato. E il mondo attorno a lui lo dimentica ancora più in fretta".
     Noi vogliamo onorare la vera cultura e la vera storia dell'Italia che rispettiamo e che sappiamo figlia di Roma eterna, di Dante e di Petrarca (di cui riportiamo più sotto la splendida "Canzone all'Italia"), della cattedra di Pietro, che ha irradiato ed irradia da due millenni la sua luce sul mondo, di San Francesco d'Assisi e di Santa Caterina da Siena, suoi santi patroni, prima ancora che di "fratelli d'Italia" massoni, di intrallazzatori torinesi, di voltagabbana vari, di biechi "mangiapreti" e di "escort" stile Contessa di Castiglione.

da www.libero-news.it

Franco Bechis

19/3/2011

     Accade spesso, ormai. Grazie al formidabile servizio de Le Iene abbiamo assistito a un altro evento unico e clamoroso. Da mesi le sorti dell’esecutivo e della legislatura erano appese alla necessità di avere comunque un governo in carica il 17 marzo 2011, perché Giorgio Napolitano così pretendeva per dare il via alle celebrazioni del 150° anno dell’unità di Italia. Per settimane maggioranza, opposizione e perfino forze sociali si sono accapigliate sulla introduzione della festività infrasettimanale, che naturalmente qualche problema ha causato alle imprese proprio in un anno in cui si sventolava la bandiera della produttività. Da giorni gran parte del parlamento, e quasi tutta la stampa, si è dedicata a linciare i distinguo leghisti, scandalizzandosi per chi il 17 marzo non desiderava festeggiare. E finalmente giovedì festa è stata. Un’overdose di festa, che ha inondato più di uno tsunami ogni città, ogni palazzo della politica, qualsiasi trasmissione televisiva, perfino l’apertura di ogni telegiornale, spazzando via appunto come un maremoto il dramma del Giappone, la crisi della Libia e ogni altra notizia. Bene, grazie alle Iene è stato evidente a tutti che il 17 marzo gran parte della classe politica italiana ha festeggiato a sua insaputa. Nel senso che non aveva la minima idea di cosa si dovesse festeggiare in quella data.

     Per il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, il 17 marzo si sarebbe festeggiato l’inizio delle cinque giornate di Milano (che per altro iniziarono il 18 marzo, ma del 1848, quindi 163 anni fa). Per il vicepresidente della Camera dei deputati, Rosy Bindi, il 17 marzo è stato scelto perché è la data in cui Roma divenne capitale (accadde nel 1871, e quindi sarebbero 140 anni). Per Fabio Mussi, amico del cuore di Massimo D’Alema, non c’è un motivo per cui si festeggi il 17 marzo: «non lo so… è una data…». Per Carlo Barbaro, finiano di ferro, ultranazionalista «cosa accadde il 17 marzo di 150 anni fa? Di preciso non glielo so dire… La breccia di Porta Pia non credo.. O forse sì, proprio la breccia di Porta Pia». Un intellettuale di sinistra come l’ex presidente delle Acli, Luigi Bobba, è sembrato sgomento di fronte alla domanda:«Il 17 marzo? Non me lo ricordo. Il primo re di Italia? Sì, Umberto I». Da gran democristiano prova a cavarsela l’ex deputato dell’Udc, Vincenzo Alaimo: «Il 17 marzo? Non lo ricordo, però per averlo scelto vuole dire che è successo qualcosa di importante». L’intervistatrice prova a confonderlo con la risposta che in tanti danno: «La Breccia di Porta Pia? Ma quella è stata nel Novecento… L’anno preciso? Dunque nel ’46 c’è stata la Liberazione… forse nel ’45, nel ’44…».

     Naufragio totale. Risponde da perfetto peone Franco Cardiello, Pdl: «Il 17 marzo? Non è successo nulla. Evidentemente quella della data è una scelta condivisa». Come dire: a noi peones le decisioni passano sempre sulla testa. Si vede che la sinistra voleva festeggiare il 19, la destra voleva festeggiare il 15 e alla fine hanno condiviso la scelta del 17. Non solo fine storico, ma anche gran matematico Vincenzo D’Anna, deputato che è andato a infoltire le fila dei Reponsabili: «Si festeggia l’Unità di Italia, che è stata realizzata nel 1860, quando è stata liberata Roma con l’impresa di Porta Pia. Come? Sono passati 151 anni dal 1860? No, perché il 1860 non si conta. Si inizia a contare dall’anno successivo». Nel suo gruppo parlamentare neonato deve esserci confusione. Perché anche il collega “responsabile” Vincenzo Taddei sostiene che sono passati 150 anni da quel 17 marzo 1860 in cui si fece l’unità. E chi la fece? «Vittorio Emanuele III».

     L’elenco di castronerie potrebbe continuare a lungo, e in più di un deputato si arricchisce della certezza su Garibaldi: «fu soprannominato eroe dei due mondi perché fu eroe per il Regno delle due Sicilie e per il resto di Italia». Il servizio integrale è disponibile sul sito internet dNiudiare la storia politica del suo paese è il minimo che si dovrebbe chiedere: non hanno molto altro da conoscere. Ma che nessuno si sia chiesto perché darsi botte da orbi fra pro e contro quella festa del 17 marzo, è davvero lo specchio più genuino di cosa sia oggi la classe politica italiana. Senza bisogno di prendere fra le mani un libro di storia, il perché di quella festa è scritto nel decreto legge del governo che la istituisce. Testo che viene esaminato in commissione, perfino emendato, votato dall’aula dei due rami del Parlamento senza che nessuno naturalmente si sia curato di leggerne una riga. Così come sul nucleare tutti ancora una volta votano e voteranno a loro insaputa. Ormai è diventato questo lo slogan della attività politica. E si comprende perché dopo essere stato lapidato per avere ammesso che qualcuno gli pagò la casa a Roma a sua insaputa il povero Claudio Scajola ora pretenda una rapida riabilitazione. Ne ha pieno diritto, in fondo è solo uno dei tanti eletti insaputelli…


Francesco Petrarca

Canzone all'Italia

Salve, terra santissima a Dio cara
porto sicuro per l’oneste genti
terra tremenda contro la superbia
illustre molto più d’ogn’altro luogo
tra tutte fertilissima e più bella
avvolta da due mari e dal gran monte,
d’armi e di leggi sacra e veneranda
dorata terra di Muse e d’eroi
a ognun maestra di natura e d’arti.
A te ritorno dopo lungo andare
desideroso di più mai lasciarti.
Tu sarai grato asilo alla stanchezza,
custode eterna alle mie fredde spoglie.
Lieto te, Italia, dal frondoso colle
Gebenne ammiro, spoglio d’ogni nube;
uno spirto soave mi ferisce
e un’aura sottilissima m’accoglie.
Ti riconosco o patria e ti saluto
felice: salve, terra mia gloriosa,
madre, di tutte la più bella, salve!


TESTO LATINO:


Salve, cara Deo tellus sanctissima, salve
tellus tuta bonis, tellus metuenda superbis,
tellus nobilibus multum generosior oris,
fertilior cuntis, terra formosior omni,
cincta mari gemino, famoso splendida monte,
armorum legumque eadem veneranda sacrarum
Pyeridumque domus auroque opulenta virisque,
cuius ad eximios ars et natura favores
incubuere simul mundoque dedere magistram.
Ad te nunc cupide post tempora longa revertor
incola perpetuus: tu diversiora vite
grata dabis fesse, tu quantam pallida tandem
membra tegant prestabis humum. Te letus ab alto
Italiam video frondentis colle Gebenne.
Nubila post tergum remanent; ferit ora serenus
spiritus et blandis assurgens motibus aer
excipit. Agnosco patriam gaudensque saluto:
Salve, pulcra parens, terrarum gloria, salve.