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giovedì 24 marzo 2011

"Non dobbiamo accontentarci": intervista al ministro per le Pari Opportunità, on. Mara Carfagna


Meno dieci giorni al Convegno “Leadership in Sanità: interpretazione al femminile, innovazioni, opportunità”, che a Firenze, venerdì 1° aprile, vedrà riuniti gli “Stati generali delle donne medico”.
Mara Carfagna, Ministro per le Pari Opportunità

Ma quali sono le innovazioni e le opportunità che sostengono, appunto, una leadership declinata anche al femminile?

L’Ufficio Stampa ha voluto chiederlo al ministro per le Pari Opportunità, on. Mara Carfagna. Ne è scaturito un discorso a tutto tondo sugli attuali scenari del lavoro, delle condizioni, dell’immagine della donna, anche - ma non solo – nella Sanità.

Ministro, qualche giorno fa abbiamo festeggiato il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Proprio quest’anno, in occasione della Giornata mondiale della donna, l’8 marzo scorso, lei ha voluto ricordare, nel suo discorso al Quirinale di fronte al presidente Napolitano, tutte “le donne che hanno contribuito a fare la storia” del nostro paese, Da Anita Garibaldi a Tina Anselmi. Quali sono, secondo lei, le donne che, oggi, contribuiranno a fare la storia di domani, e quali requisiti dovrebbero possedere?

Anche quest’anno, in qualità di Ministro per le Pari opportunità, mi è stata data l’opportunità di intervenire al Quirinale l’8 marzo, in occasione della Festa Internazionale della Donna. Si tratta di una ricorrenza che fa riflettere e che, ogni anno, assume un significato diverso, perché diverso è il contesto sociale in cui viene celebrato. I tempi cambiano e con essi, per certi versi, anche le donne. Quello che resta sempre uguale negli anni, nei secoli, è lo spirito che le anima, la forza che le contraddistingue e il contributo che, ciascuna nel proprio ambito, nella propria quotidianità, riesce a dare. Quindi se penso alle donne che contribuiranno a fare la storia di domani, penso a noi tutte che stiamo costruendo, tra tante difficoltà, ma anche tra altrettante soddisfazioni, il presente. Penso alle giovani generazioni, al coraggio delle donne di tutte le età, che non viene mai meno. Alla passione che ciascuna mette in quello che fa. Ma, come ho avuto modo di sottolineare al Quirinale, non dobbiamo accontentarci. Non possiamo accontentarci: continuiamo a chiedere alle forze politiche e sociali uno sforzo; una reale parità di accesso per le donne. Credo che la nostra società sia matura per strumenti che consentano un nuovo passo avanti, di cui molto sentiamo la necessità, in continuità con il percorso tracciato dalle grandi personalità che ci hanno preceduto.

Oggi la maggior parte delle donne lavora, ricoprendo anche ruoli di responsabilità: un parlamentare su cinque è donna, come il 18% degli amministratori locali e il 7,6% dei membri dei Consigli di Amministrazione delle società quotate in borsa. È di qualche giorno fa l’approvazione, da parte della Commissione Finanze del Governo, del Disegno di legge sulle “Quote Rosa” nei Consigli di Amministrazione delle società quotate e partecipate: quali altri provvedimenti e interventi potrebbero favorire la diffusione di un modello di leadership al femminile?

È questo che intendo quando dico “Non possiamo accontentarci”. Quello dell’approvazione in Senato del Disegno di legge sulle cosiddette “Quote rosa” è stato un traguardo importante. Sia perché testo è equilibrato, condiviso, bipartisan, sia perché consentirà un’accelerazione della presenza femminile nei settori chiave della società. Più volte mi sono detta contraria alle quote di genere intese come sterile automatismo, ma questa legge permette finalmente di spalancare le porte della dirigenza di aziende ed amministrazioni alle tante donne di talento che fino ad oggi sono state escluse, consentirà di colmare il gap con gli altri Paesi europei. Si tratta di una legge saggia, che non mina la libertà delle imprese, ma che anzi punta ad una maggiore competitività del nostro mercato, attraverso un maggior coinvolgimento delle donne. Sono convinta che anche coloro che nutrivano e continuano a nutrire legittime perplessità sul testo si ricrederanno dinanzi ai risultati che questa norma, un grande successo per tutte le donne italiane, potrà produrre.

E veniamo alla Sanità. Ci sono sempre più “camici rosa”: siamo vicini al sorpasso dei medici donna rispetto agli uomini, tanto che si parla, sempre più frequentemente, di una “femminilizzazione” della professione medica. A questa non corrisponde, però, una “femminilizzazione della Sanità”: solo poche arrivano ai vertici. Quali iniziative potrebbero potenziare e sostenere, anche in quest’ambito, la leadership femminile?

In Italia il numero di donne che persegue una carriera scientifica è cresciuto notevolmente negli ultimi vent’anni. Nonostante ciò, solo una percentuale minima delle posizioni apicali nel mondo della ricerca è occupato da donne. Secondo il Rapporto del 2009 della Commissione Europea “She Figures- Statistiche e indicatori sulla Parità di Genere nella Scienza” le donne rappresentano il 33% dei ricercatori italiani (sopra la media europea che si attesta al 30%) ma solo il 20% raggiunge le posizioni di leadership. In campo scientifico si ritrovano dunque molti dei fenomeni di esclusione che colpiscono il genere femminile anche in altri settori della vita politica, economica e sociale. Sappiamo anche che all’università le donne rappresentano il 60 per cento dei laureati e in media vantano un punteggio superiore rispetto ai colleghi uomini. L’interesse delle istituzioni, quindi, si attesta sull’accesso e sulla partecipazione delle donne, specialmente di media età, alla formazione nei settori scientifico e tecnologico, in considerazione dell’attuale quadro di un’economia sempre più basata sulla conoscenza. A tal proposito, cito due importanti progetti coordinati dal mio Ministero. Il progetto "PRActising Gender Equality in Science" (PRA.G.E.S.)” ha avuto il merito di mettere a sistema le “buone pratiche” nel settore della ricerca scientifica e si è concluso nel 2009 con la pubblicazione delle “Linee Guida per la Parità di genere nelle Scienza”; e il progetto “Women Careers Hitting the Target” (WHIST), che si concluderà invece a luglio 2011, si occupa di monitorare, dirigere e analizzare la diversità di genere nel mondo della ricerca pubblica universitaria.
Nel settembre 2010, inoltre, come Ministro per le Pari Opportunità, ho siglato insieme al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, un protocollo d’intesa finalizzato a elaborare misure concrete per conseguire la parità di genere nella scienza, combattere la sottorappresentanza delle donne nei settori scientifici, favorire l’avanzamento delle carriere delle donne, migliorare la presenza delle donne nel mercato del lavoro nel settore scientifico e, in particolare, nei posti decisionali.

Un’ultima domanda: non ci può essere leadership senza un empowerment della componente femminile della società. Proprio lei ha rivolto un appello al Senato per un maggior rispetto dell’immagine di tutte le donne: “La pubblicità ha un’importanza considerevole nella diffusione di modelli culturali, ma troppo spesso veicola modelli di donna che non corrispondono alla realtà” ha affermato infatti. Da donna e da Ministro, come pensa quindi si possa cambiare, nell’opinione pubblica e nella nostra cultura, questa immagine distorta?

Da più parti e a gran voce ci è stato chiesto, come Ministero per le Pari Opportunità, di trovare una soluzione al problema dell’uso improprio dell’immagine donna all’interno della pubblicità e non è stata impresa facile, dal momento che le forme di comunicazione sono molteplici, che la mole di informazioni che vengono diffuse ogni giorno è immensa, che esistono sensibilità diverse e ciascuno è libero di ritenere la stessa immagine offensiva o meno. Non possiamo accettare che lo Stato, le istituzioni, possano mettere in campo o prevedere alcuna forma di censura, perché sarebbe sbagliato, oltre che in palese contrasto con la nostra Costituzione.
Certo, però, non potevamo non tenere conto dell’esigenza di mettere un freno alla degenerazione, di avere la possibilità di intervenire direttamente e velocemente quando ci troviamo di fronte ad un messaggio sbagliato o pericoloso, e di vederci riconoscere una capacità inibitoria su messaggi in contrasto con quell’idea di parità e uguaglianza che è scritta nella carta fondamentale e nelle nostre leggi. Per queste ragioni, dopo uno studio attento e un dialogo importante con l’Istituto, abbiamo voluto stringere un accordo tra Ministero per le Pari Opportunità e lo Iap, l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria. L’abbiamo siglato a Palazzo Chigi due mesi fa e devo dire che sta già dando i suoi primi frutti. Un atto di co-regulation, come si usa dire, nel quale pubblico e privato fanno “sistema”, si impegnano – senza oneri aggiuntivi per le casse dello Stato - per un obbiettivo comune: il primo convogliando istanze e stimoli, il secondo applicando regole codificate e condivise, potendo contare su uno specifico know-how e una collaudata giurisprudenza. Nessuna pretesa delle istituzioni di dover decidere cosa è giusto e cosa no, ma una collaborazione stretta, il confronto tra le professionalità del Ministero con quelle dell’Istituto, che hanno uno know-how specifico.

22/03/2011 15:02 - Autore: a cura dell'Ufficio Stampa FNOMCeO