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domenica 25 luglio 2010

Agenzia delle Entrate CIRCOLARE 28/E su IRAP PROFESSIONISTI

CIRCOLARE N. 28/E



Roma, 28 maggio 2010



OGGETTO: IRAP – autonoma organizzazione – giurisprudenza della Corte



di cassazione – ulteriori istruzioni operative per la gestione del



contenzioso pendente



Direzione Centrale Affari Legali e Contenzioso



2



INDICE



1. Premessa .................................................................................................................... 3



2. Attività ausiliarie del commercio di cui all’articolo 2195, primo comma, n. 5 del codice civile ...................................................................................................................... 3



2.1 Posizione espressa nella circolare n. 45/E del 2008........................................... 3



2.2 Sentenze della Cassazione, SS.UU., 26 maggio 2009, nn. 12108, 12109, 12110,



12111 .......................................................................................................................... 4



3. Autonoma organizzazione – utilizzazione di beni e servizi di terzi .......................... 6



4. Attività di medico di medicina generale.................................................................... 7



5. Omessi versamenti ..................................................................................................... 9



6. Conclusioni .............................................................................................................. 10



3



1. Premessa



Con circolare n. 45/E del 13 giugno 2008 sono state fornite istruzioni per



la gestione del contenzioso in materia di assoggettabilità degli esercenti arti e



professioni all’imposta regionale sulle attività produttive (di seguito, IRAP), alla



luce della sentenza della Corte costituzionale 21 maggio 2001 n. 156, secondo la



quale l’autonoma organizzazione è presupposto per l’assoggettamento ad IRAP



degli esercenti arti e professioni, e delle successive pronunce emesse dalla Corte



di cassazione nel 2007 e 2008, che hanno fissato alcuni importanti principi ai fini



dell’individuazione dell’attività autonomamente organizzata di cui all’articolo 2



del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.



A seguito delle successive pronunce della giurisprudenza di legittimità,



vengono fornite ulteriori istruzioni.



2. Attività ausiliarie del commercio di cui all’articolo 2195, primo



comma, n. 5 del codice civile



2.1 Posizione espressa nella circolare n. 45/E del 2008



Il punto 7 della circolare n. 45/E del 2008 ha esaminato la questione



dell’assoggettamento ad IRAP dei redditi derivanti dall’attività d’impresa.



In particolare è stato precisato che, conformemente a quanto disposto dalla



citata sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 2001 secondo cui



“l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa”, per



tutte le attività d’impresa il requisito dell’autonoma organizzazione è intrinseco



alla natura stessa dell’attività svolta e dunque sussiste, in ogni caso, il



presupposto impositivo.



Con riferimento all’assoggettamento ad IRAP degli agenti di commercio e



dei promotori finanziari, con la predetta circolare è stato precisato che “in



giudizio va quindi sostenuta la natura imprenditoriale dell’attività degli agenti di



4



commercio e dei promotori finanziari non legati da un rapporto di lavoro



dipendente e, di conseguenza, l’assoggettamento all’IRAP”.



In quella circostanza si è preso atto, invero, di quell’orientamento della



giurisprudenza di legittimità, secondo cui gli agenti di commercio sono



qualificabili come imprenditori commerciali ai sensi degli articoli 2082 e 2195



del codice civile (cfr. Cass. 11 ottobre 1991, n. 10673; 6 giugno 2003, n. 9102).



Considerato tuttavia che in materia di IRAP l’orientamento della Corte di



cassazione era ancora oscillante sul punto si ritenne opportuno, tuttavia, precisare



che “in subordine occorre comunque dedurre, così come per i lavoratori



autonomi, in ordine all’esistenza dell’autonoma organizzazione”.



2.2 Sentenze della Cassazione, SS.UU., 26 maggio 2009, nn. 12108,



12109, 12110, 12111



Le sezioni unite della Corte di cassazione, con le sentenze richiamate in



rubrica, hanno affrontato la questione della sistematica assoggettabilità ad IRAP



delle attività “ausiliarie” del commercio di cui all’articolo 2195 del codice civile,



svolte dall’agente di commercio, dal promotore finanziario e in generale dai



soggetti “ausiliari”. Nelle menzionate quattro sentenze di uguale contenuto, viene



evidenziato che “poiché la Corte costituzionale ha… distinto, ai fini



dell’applicazione dell’imposta, tra ‘impresa’ nella quale l’elemento



organizzativo sarebbe ‘connaturato’, e ‘lavoro autonomo’, rispetto al quale



sarebbe necessario un accertamento caso per caso dell’esistenza di una



‘autonoma organizzazione’, …diventa essenziale verificare quale sia, tra il polo



dell’impresa e il polo del lavoro autonomo, la collocazione dell’esercizio delle



attività ausiliare di cui all’art. 2195 c.c., nel cui quadro si collocano tanto



l’agente di commercio, quanto il promotore finanziario”.



La Corte di cassazione, pur riconoscendo che per quanto riguarda la



disciplina degli ausiliari del commercio ai fini delle imposte sui redditi il



5



legislatore ha dato rilevanza esclusivamente ad aspetti qualitativi, “includendo



nel reddito di impresa l’esercizio di tutte quelle attività che abbiano natura



oggettivamente commerciale, senza tener conto del profilo quantitativo, cioè



proprio della dimensione organizzativa dell’attività, nella quale deve essere



valutato il ‘peso’ del lavoro personale del soggetto, che quell’attività svolge,



sull’impiego del capitale e sull’utilizzazione del lavoro altrui”, ha però



evidenziato che “a quel che è stabilito per le imposte sul reddito non può essere



riconosciuta una efficacia condizionante ai fini dell’interpretazione di imposte,



come è l’IRAP, che rispondono ad altri criteri e ad una diversa ratio impositiva”.



Secondo i giudici di legittimità le “attività ausiliarie di cui all’art. 2195



c.c., le quali, pur essendo ai fini delle imposte sul reddito considerate produttive



di reddito d’impresa, possono essere (e spesso sono) svolte dal soggetto senza



‘organizzazione di capitali o lavoro altrui’. Se, infatti, si considerassero ai fini



IRAP queste attività tout court ‘attività di impresa’, l’imposta non troverebbe



corrispondenza nella sua ratio, e finirebbe per colpire una ‘base fittizia’, un



‘fatto non reale’, in contraddizione con una interpretazione costituzionalmente



orientata del presupposto impositivo. Non è, infatti, la oggettiva natura



dell’attività svolta ad essere alla base dell’imposta, ma il modo - autonoma



organizzazione - in cui la stessa è svolta, ad essere la razionale giustificazione di



una imposizione sul valore aggiunto prodotto, un quid che eccede il lavoro



personale del soggetto agente ed implica appunto l’organizzazione di capitali o



lavoro altrui’: se ciò non fosse, e il lavoro personale bastasse, l’imposta



considerata, non solo non sarebbe vincolata all’esistenza di una ‘autonoma



organizzazione’, ma si trasformerebbe inevitabilmente in una sostanziale



‘imposta sul reddito’”.



La Cassazione conclude affermando il seguente principio di diritto: “in



tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n.



446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle



attività di agente di commercio, di cui alla L. n. 204 del 1985, art. 1, e di



6



promotore finanziario di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31, comma 2, è



escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non



autonomamente organizzata”.



Il principio affermato con riferimento alle singole controversie trattate



(riguardanti gli agenti di commercio e i promotori finanziari) è stato esteso dalla



Suprema Corte, per come può desumersi dai brani delle sentenze prima riportati,



a tutte le attività ausiliarie di cui all’articolo 2195 del codice civile, considerato



che i giudici di legittimità pongono a fondamento del proprio ragionamento la



distinzione tra “l’attività d’impresa”, nella quale l’elemento organizzativo



sarebbe connaturato, e “le attività ausiliarie”, che possono essere svolte dal



soggetto senza organizzazione di capitali o lavoro altrui e per le quali si rende



necessaria la valutazione caso per caso dell’esistenza di un’autonoma



organizzazione.



Si ricorda che la Corte di cassazione ha definito imprese ausiliarie “quelle



che, prive di intrinseca autonomia funzionale, hanno come scopo tipico



l’oggettiva agevolazione di altre attività, sicché l'impresa esercente l’attività,



ausiliaria, a differenza di quella produttrice di servizi (la cui attività, di carattere



autonomo, ha per oggetto un prodotto destinato ad essere utilizzato dalla



generalità delle imprese), se da un lato deve avere una propria struttura



organizzativa ed operativa ben distinta da quella delle imprese ausiliate,



dall’altro deve svolgere una funzione accessoria, complementare e strumentale



rispetto all'attività, tipica di altre imprese talché, ove venisse separata da queste,



non avrebbe alcuna possibilità di utile applicazione” (Cass. 28 maggio 2003, n.



8485).



3. Autonoma organizzazione – utilizzazione di beni e servizi di terzi



Con circolare n. 45/E del 2008 - punto 5.4.1 - è stato precisato che



“l’affidamento a terzi, in modo non occasionale, di incombenze tipiche



7



dell’attività artistica o professionale, normalmente svolte all'interno dello studio,



deve essere valutata ai fini della sussistenza dell'autonoma organizzazione”.



Inoltre, al punto 5.4.2, è stato precisato che “ai fini della verifica



dell'autonoma organizzazione rileva comunque la disponibilità di beni



strumentali eccedenti il minimo indispensabile per lo svolgimento dell'attività,



anche qualora non vengano acquisiti direttamente, ma siano forniti da terzi, a



qualunque titolo”.



Tale posizione è ora avvalorata dalla Corte di cassazione, la quale ha



rilevato come agli effetti impositivi IRAP ciò che rileva è “la sussistenza di una



organizzazione autonoma, restando indifferente il mezzo giuridico col quale



quest’ultima è attuata (dipendenti ovvero società di servizi), che rende possibile



lo svolgimento dell’attività dei professionisti, attraverso la disponibilità di beni



strumentali, capitali e stabili forme di collaborazione, funzionali



all’espletamento delle particolari incombenze; il che si realizza, come nel caso,



con il contratto di outsourcing che impegna le parti a collaborare affinché la



clientela percepisca la attività come organizzazione unitaria fornitrice di più



servizi” (Cass. 25 maggio 2009, n. 12078).



4. Attività di medico di medicina generale



La Corte di cassazione ha altresì affermato che per il medico di medicina



generale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale la prova



dell’autonoma organizzazione non può essere offerta dall’utilizzo di quelle



apparecchiature previste obbligatoriamente dalla convenzione stessa, essendo



invece sempre necessario provare, caso per caso, l’esistenza dell’autonoma



organizzazione.



I giudici di legittimità hanno sottolineato che le attrezzature necessarie per



l’esercizio dell’attività di medico convenzionato non eccedono il minimo



indispensabile per l’esercizio della professione medica, in quanto è la “stessa



8



convenzione che qualifica gli arredi e le attrezzature prescritte come



indispensabili per l'esercizio della medicina generale. Se un bene strumentale è



indispensabile, deve ritenersi che risponda anche al requisito della minimalità,



ove non siano dedotti in concreto, come nella specie, costi eccedenti” (cfr. Cass.,



ordinanza 8 gennaio 2010, n. 142; in senso conforme Cass. 1 luglio 2009, n.



15440; Cass. 23 luglio 2009, n. 17231).



La Cassazione ha inoltre precisato che “proprio in relazione alla attività



di medico, … è insufficiente la motivazione laddove enumera i beni strumentali



utilizzati dal contribuente ma non spiega per quale ragione li ritenga eccedenti



la normale dotazione necessaria per l’esercizio della professione ed è incongrua



laddove desume dalla sola necessità di adeguarsi agli obblighi derivanti dalla



convenzione con il S.S.N. la circostanza che debba necessariamente sussistere



un'autonoma organizzazione per farvi fronte, dal momento che è ben possibile



adempiere agli obblighi senza necessità di collaborazione altrui o significativi



investimenti” (cfr. Cass. 14 aprile 2009, n. 8826).



Lo schema tipo di convenzione con il S.S.N. stabilisce che “Lo studio del



medico convenzionato deve essere dotato degli arredi e delle attrezzature



indispensabili per l’esercizio della medicina generale, di sala d’attesa



adeguatamente arredata, di servizi igienici, di illuminazione e aerazione idonea,



ivi compresi idonei strumenti di ricezione delle chiamate”.



Alla luce dei principi sanciti dalla Corte di cassazione, si deve ritenere che



la stretta disponibilità dello studio attrezzato così come previsto dalla



convenzione non possa essere considerata di per sè indice di esistenza



dell’autonoma organizzazione per i medici di medicina generale. In altri termini,



lo studio e le attrezzature previste in convenzione possono essere considerate il



minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività da parte del medico, mentre



l’esistenza dell’autonoma organizzazione è configurabile, ex adverso, in presenza



di elementi che superano lo standard previsto dalla convenzione e che devono



essere pertanto valutati volta per volta.



9



In proposito, va altresì considerato che in un caso specifico i giudici di



legittimità hanno coerentemente riconosciuto la sussistenza dell’autonoma



organizzazione di un medico convenzionato ritenendo che “la Commissione ha



congruamente motivato la valutazione circa la non limitatezza dei beni



strumentali utilizzati esponendo il valore dei beni strumentali (circa L.



60.000.000), delle quote di ammortamento (circa L. 11.500.000) e delle altre



spese, traendone evidentemente la conseguenza, con valutazione in fatto non



censurabile in quanto motivata, che eccedessero la media degli investimenti



dello specifico settore e che quindi fossero presenti ‘significativi elementi di



organizzazione’ ” (Cass. 5 febbraio 2009, n. 2850).



5. Omessi versamenti



Talune controversie hanno origine da cartelle di pagamento emesse ai



sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29



settembre 1973, n. 600, a seguito dell’omesso versamento dell’IRAP indicata dal



contribuente in dichiarazione.



In tali controversie il contribuente non lamenta vizi propri della cartella di



pagamento bensì il difetto di autonoma organizzazione e, conseguentemente, la



non assoggettabilità al tributo.



Con la sentenza a sezioni unite 14 ottobre 2009, n. 21749, concernente



proprio una controversia avente ad oggetto una cartella di pagamento emessa a



seguito di omesso versamento dell’IRAP indicata in dichiarazione, la Cassazione



ha affermato che “Dal principio della emendabilità e ritrattabilità della



dichiarazione… discende che la possibilità per il contribuente di emendare la



dichiarazione allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione,



ed incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile non solo nei limiti in cui



la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n.



10



602, art. 38 ma anche in sede contenziosa per opporsi alla pretesa tributaria



dell’amministrazione finanziaria (in questo senso Cass. 22021/06)”.



Tale sentenza conferma il precedente orientamento della giurisprudenza di



legittimità secondo cui “la liquidazione in base alla dichiarazione D.P.R. n. 600



del 1973, ex art. 36 bis ed D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, non preclude al



contribuente, attraverso la impugnazione della relativa cartella, di rimettere in



discussione la debenza del tributo, in quanto solo la mancata impugnazione della



cartella comporta la preclusione del rimborso previsto dal D.P.R. n. 602 del



1973, art. 38 (Cfr. Cass. 8456/2004)” (cfr. Cass. 29 maggio 2006, n. 12787).



Sulla scorta della giurisprudenza che precede, le strutture territoriali



ometteranno di eccepire in giudizio che il difetto di autonoma organizzazione



possa essere fatto valere solo attraverso la presentazione della dichiarazione



integrativa.



6. Conclusioni



Nella gestione del contenzioso concernente l’IRAP “lavoratori autonomi”



le strutture territoriali terranno conto delle indicazioni fornite con la presente



circolare. Continueranno ad osservare altresì le istruzioni contenute nella



circolare n. 45/E del 2008, per quanto compatibili con le modifiche ed



integrazioni di cui alla presente, che prende atto degli ulteriori orientamenti



giurisprudenziali prima richiamati.



Il contenzioso pendente va eventualmente abbandonato solo se il ricorso



del contribuente risulti fondato alla luce sia dei richiamati orientamenti



giurisprudenziali sia dei presupposti di fatto (assenza di organizzazione



autonoma) che legittimano l’esclusione dall’IRAP, sempre che non siano



sostenibili altre questioni.



Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi



11



enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle



Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.