"Dal sacro Monte Kailash, nel Transhimalaya, oltre la linea delle piogge, discesi all'estremo del Capo Comorin, dove le acque di tre antichi mari si congiungono. Ed oggi so che in ambo gli estremi vi sono templi". (Miguel Serrano)

scrivici a: campania@snami.org

----------------------------- accessi al sito negli ultimi 30 giorni ----------------------------

BACHECA

- sabato 20 e domenica 21 giugno il Comitato Centrale si riunisce a Tivoli

- venerdì 23 maggio 2014 è stata stipulata la Convenzione SNAMI Campania-Club Medici che, tra i vari servizi, offre una polizza assicurativa per la responsabilità civile professionale

------------------------------------ il quadro della settimana ------------------------------------

------------------------------------ il quadro della settimana ------------------------------------
------------------------ Edwin Austin Abbey 1852-1911 The Castle of Maidens 1893-1902 ------------------------

poesia

poesia
--------------------------------------------- clikka sul testo e vai a "Poesia" ---------------------------------------------

sabato 25 dicembre 2010

Natale: riflessioni di Paolo Tarantino

     Siamo nel periodo delle celebrazioni e dei festeggiamenti per il Natale e, come ogni anno, la moltitudine globalizzata, con giustificazioni astrattamente religiose, si immerge repentinamente e totalmente nel consumismo sfrenato, senza comprendere minimamente che in quei giorni specifici del ciclo annuale qualcosa di straordinario e di magico accade, un evento cosmico che assumeva un alto valore simbolico in tutte le forme assunte dalla Tradizione Primordiale.
     Pochi sanno, che, intorno alla data del 25 dicembre quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horus, e il padre Osiride si credeva fosse nato nello stesso periodo; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoatl i; Bacab nello Yucatan; il dio Bacco in Grecia, nonché Ercole e Adone o Adonis; il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, era festeggiato dalle genti del Nord; Zaratustra in Azerbaigian; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina; in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore ed a Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, "Unico Figlio" della dea Ishtar, .Nel giorno di Natale, il Sole nel suo moto annuo lungo l’eclittica – il cerchio massimo sulla sfera celeste che corrisponde al percorso apparente del Sole durante l'anno - viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell'orizzonte Est della Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell'ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luce (all'incirca, 8 ore e 50-55 minuti). Raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell'anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente.
     Da tempi immemorabili, i nostri progenitori aspettavano, con ansia, questo giorno sacro, il Solstizio d’inverno, il 21 dicembre, il giorno in cui la luce sembra soccombere al buio delle tenebre. Immensi fuochi, tra canti e preghiere, si innalzavano al cielo, come per aiutare l’astro del giorno a riprendere il suo cammino ascendente e rilanciarsi in quella vicenda cosmica che culmina al Solstizio d’estate, con il trionfo della luce, del calore, della vita. La Roma imperiale evocava l’inversione di marcia del sole, nei Saturnali, le feste dedicate al dio Saturno, durante le quali venivano invertiti i ruoli sociali: gli schiavi davano ordini ai padroni, i padroni obbedivano agli schiavi. La Roma precristiana festeggiava il Solstizio d’inverno come il dies natalis solis, il giorno della nascita del sole, che, successivamente, la Roma cristiana trasformò nel dies natalis Cristi, il giorno della nascita di Cristo, la Nuova Luce nascente. È, questo del Solstizio, il momento in cui le foglie, perduti i fascinosi colori e , ridottesi a ruderi accartocciati, mescolate ormai alla Madre Terra, formano il nuovo humus, pronto ad alimentare il piccolo seme, che una mano sapiente ha affidato allo scuro solco. La rinascita solare rappresenta "solo" il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all'idea d'immortalità dell'uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d'inverno, quando è possibile accedere alla contrada ascendente e divina in cui l'uomo, restaurando in sé l'Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovra-individuale. Questo è il momento in cui, quando la notte diviene padrona e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede, che al mattino, con l'alba, diverrà trionfante .E’ il momento, in altri termini, della pausa, della riflessione, della meditazione, che permetterà all’uomo, attratto dalle alte vette, come il mitico Capricorno, nel cui segno il Sole entra al solstizio d’inverno, di elevarsi e riprendere, con consapevolezza, il viaggio nel labirinto della sua interiorità. È il momento del passaggio dalle tenebre alla luce; è la janua caeli della tradizione romana, la porta d’accesso, cioè, al cielo, alla sfera del trascendente, quella che alimenta la speranza.
     Nei tempi antichi il contatto esistente tra l’Uomo e la Trascendenza era di certo più diretto di quanto non lo sia oggi. Ogni giorno, luna o stagione era infatti scandito da precise ritualità che, irrimediabilmente, venivano ad influenzare la contingenza dell’umano divenire. Anticamente l’uomo viveva il Simbolo, sentendone la presenza oltre il “Velo di Maya” dei suoi sensi limitati. Egli viveva la propria esistenza nel continuo e reiterato tentativo di uniformarne il ritmo a quello dei Cosmi,: le cadenze astrali ne guidavano le opere, in quanto le opere stesse, con profonda ed intrinseca umiltà, proprio da queste erano influenzate. L’Universo intero permeava l’Umanità con il suo meraviglioso risonante respiro, ed ogni cosa diveniva quindi Divina, causale, vitale. Perfino la Morte e il Culto intorno ad essa sviluppatosi, nel gioco sottile di un paradosso soltanto apparente, poiché in esso la scintilla Divina non poteva essere spenta, ma necessariamente rinnovata. L’Altissimo Disegno in cui l’Uomo era immerso non era disconnesso dal resto del Tutto, ma ne faceva parte. E nell’Uomo ogni cosa, sia in potenza che in atto, poteva quindi essere trovata.
     Nel Solstizio d’Inverno la più grande sconfitta dell’Astro Diurno ne decretava la necessaria e conseguente vittoria, poiché il Mondo avrebbe avuto fine solo quando si sarebbe esaurito il numero delle sue possibilità, ma tali possibilità erano - e sono tuttora - infinite. Il Sol Invictus veniva così a rappresentare la Fenice Cosmica, la Morte Iniziatica, il Supremo Sacrificio che rende per sempre redente le umane genti. Poiché il vero Male è nella cieca ed ignorante stasi, che viene sommersa dai flutti dell’incessante divenire di una Volontà Superiore. Ed è proprio a tale Volontà Superiore che di certo si uniforma l’intento di ricerca e recupero simbolico che “sì meravigliosamente ci accomuna”. Non a caso il solstizio d’inverno s’identifica con la festa di San Giovanni il Battista, il Giovanni che ride della tradizione popolare, il discepolo prediletto del Cristo, che, diffondendo la sua novella, offrì al mondo intero la fiamma eterna della speranza.
     Allora in questo momento magico di trepida attesa, auguriamoci che le fiammelle ardano ed i rametti d’abete germoglino in noi.
     Un nuovo anno sta arrivando: nessuno sa cosa vi sia nella gerla, ma tutti sappiamo che, potremo crescere e procedere, con passo sicuro, lungo quella strada, tortuosa e faticosa, che un’ancestrale saggezza ci ha indicato.
     Auguri a voi tutti ed alle persone che vi sono care.
          Paolo Tarantino